La Nuova Sardegna

Bellocchio non delude Due storie in una con vena manzoniana

di Michele Gottardi

“Sangue del mio sangue” tra suore scandalose e vampiri Sette minuti di applausi e da Napolitano “giudizio sospeso”

09 settembre 2015
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VENEZIA. Federico, un giovane soldato, viene sedotto come il suo gemello prete da suor Benedetta, condannata a esser murata viva. Nello stesso luogo, nelle antiche prigioni di Bobbio, secoli dopo, tornerà un altro Federico, sedicente ispettore ministeriale, che scoprirà che l'edificio è ancora abitato da un misterioso conte, che vive solo di notte.

Due idee - o forse è una sola idea curiosa - sono all’origine di "Sangue del mio sangue" che Marco Bellocchio porta in concorso, risollevando le sorti del cinema italiano a Venezia 72. Inevitabile correre con la mente alla manzoniana monaca di Monza, che è stata il soggetto di un corto, realizzato da Bellocchio con i suoi allievi della scuola di Bobbio che da 20 anni conduce ogni estate nel borgo piacentino. Proprio qui si svolge il film che il regista ha deciso di portare in concorso dopo il Leone alla carriera, per superare il ricordo dei mancati riconoscimenti per la "Bella Addormentata" ("mi aveva rotto le scatole", ammette). "Sangue del mio sangue" è, ad oggi, il miglior film italiano al Lido, in attesa di Gaudino. Diviso in due parti sostanziali, mette a confronto due mondi distanti, ma animati da corruzioni e un "vampirismo provinciale". E se nella prima il Male spinge la suora a una seduzione scandalosa, che ne mette a repentaglio la salvezza morale e fisica, nel secondo la corruzione si gioca attorno a 5 mila euro, che un improbabile ispettore dei Beni culturali porta a casa come obiettivo minimo, tentando in realtà di vendere le prigioni al russo di turno. Come dire che nel ’600 ci si opponeva allo strapotere della Chiesa - le donne in primis - in modo totale, mentre oggi il vampirismo politico del potere ha corrotto tutti per basse questioni di opportunismo. È l'anarchico di sempre che emerge, anche se “sempre più moderato”. «Anche se non mi vedo lanciare i sassi con i no-Tav, il potere mi dà sempre fastidio. E poi con questo Papa più a sinistra della sinistra, non mi viene più naturale parlar male della Chiesa, anche se continuo a non condividerne certi princìpi». Dunque un apologo dell’Italia contemporanea, volgare e corrotta, fatto attraverso l’elogio della libertà e soprattutto della forza trasgressiva della donna e della bellezza. Riaperta la cella murata, suor Benedetta decenni dopo ne esce intatta e il conte vampiro si fa sedurre dalla freschezza della coppia che amoreggia nei chiostri delle prigioni. Dice Bellocchio: «Alla mia età, 76 anni, o ti deprimi o cerchi di stare in una dimensione compulsiva da due film l’anno che servono ad allontanare lo spettro della morte». E infatti ha già finito il prossimo film, “Fai bei sogni”, tratto dal libro di Massimo Gramellini. Ma il “Sangue” di Bellocchio è anche quello della factory: il figlio Pier Giorgio interpreta il prete, il soldato di ventura e il cialtrone; e poi la sorella Elena, il fratello Alberto nei panni del cardinale e gli attori a lui cari come Roberto Herlitzka, Toni Bertorelli, Filippo Timi, Alba Rohrwacher, Federica Fracassi, la giovane Lidiya Liberman che fa Benedetta. «Una necessità ma anche una cosa naturale: è con i figli che si devono fare i conti. Sangue del mio sangue appunto».

Alla prima in Sala Grande al Lido anche il presidente emerito Giorgio Napolitano e la signora Clio. Questa volta in platea, tra il pubblico. Per il film, solo sette minuti di applausi; da Napolitano un giudizio sospeso: «Sono molto affezionato a “Bella Addormentata” e “Vincere”. Questo l'ho visto, ora ci devo pensare. Non sono più in esercizio per fare il critico».

“Sangue del mio sangue” arriva oggi nei cinema.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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