La Nuova Sardegna

Stagione di prosa, graffia poco la gatta di Vittoria Puccini

di Monica De Murtas

Il dramma di Tennessee Williams apre il cartellone Cedac Ipocrisie e atmosfere metafisiche nella regia di Arturo Cirillo

16 dicembre 2015
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SASSARI. Con un capolavoro del teatro del novecento “La gatta sul tetto che scotta” di Tennessee Williams è stata inaugurata al Comunale la stagione di prosa della Cedac. Portato in scena dal regista Elia Kazan, il testo di Williams vince nel 1954 il premio Pulitzer per poi diventare uno dei classici del cinema interpretato da due mostri sacri come Paul Newman, nella parte di Brick e Liz Taylor nel ruolo di Maggie “la gatta”.

A confrontarsi con l’arduo compito di ridare voce e volto ai tormentati personaggi del dramma di Williams è stato recentemente il regista Arturo Cirillo scegliendo la coppia Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni per interpretate rispettivamente Margaret e Brick. Il sipario si apre su una scenografia efficace di Dario Gessati che rimanda alle atmosfere del pittore Edward Hopper. La stanza da letto di Margaret e Brick, ambientazione unica ed emblematica della vicenda, è resa con colori forti: rosso, blu, giallo che non trasmettono però vivacità ma una metafisica sensazione di inquietudine, di attesa. Illuminati da una luce radente oggetti e personaggi restano come sospesi, dando la sensazione che qualcosa stia per compiersi. L’inquietudine dipinta da Hooper è la stessa raccontata dai drammi di Williams, molti dei quali diventati film di grande successo grazie anche al fascino torbido dei suoi personaggi.

Attraverso i dialoghi serrati, psicanalitici, Williams riuscì a raccontare il disagio morale e i rigurgiti di coscienza della America di metà Novecento. In scena: il dramma di Brick che vive nell’ipocrisia nascondendo una presunta omosessualità, la falsità di Maggie impegnata a conservare la sua agiata posizione di moglie nonostante suo marito la rifiuti. Tutti i personaggi della storia vivono una finta serenità che nasconde verità inconfessabili. La raffinata scrittura di Williams emerge tuttavia a stento nella regia di Cirillo che risulta piuttosto appiattita e monotona. Vittoria Puccini al suo debutto in teatro risulta visibilmente acerba per reggere la complessità dell’animo di Maggie. L’attrice non riesce a dare i giusti colori al personaggio e la presenza scenica elegante non è supportata da un adeguato utilizzo dei registri vocali che nella Maggie di Williams si trasformano da miagolii sommessi in timbri sinuosi dalla profondità graffiante e sfrontata.

Lo spettacolo scorre per un’ora e mezzo senza regalare al pubblico particolari emozioni. Il dramma si compie senza coinvolgere, ne commuovere, ne arrivare ad una catarsi. Neppure gli altri attori del cast convincono nei loro ruoli. Il Brick di Vinicio Marchioni è un personaggio senza sfumature in cui il duello interiore si risolve in una sbornia continua dove annega ogni emozione. Anche all’apice del dramma, quando Brick si confronta con il padre (Paolo Musio), non arriva al pubblico l’escalation di tensione e pathos tipica della scrittura incalzante di Williams. Musio regge bene la scena ma carica eccessivamente i tratti del personaggio sino a renderlo poco credibile. Restano disegnate a matita anche le personalità dei comprimari: Franca Penone e Salvatore Caruso in un dramma costruito invece sull’approfondimento dei vari ruoli in una commistione di storie, figure, debolezze umane e falsità.

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