La Nuova Sardegna

La battaglia per le spiagge, il caso Porto Ferro: no a sdraio e ombrelloni

di Luigi Soriga
La battaglia per le spiagge, il caso Porto Ferro: no a sdraio e ombrelloni

Il Comune di Sassari prevede il via libera a tre stabilimenti balneari. La rivolta di surfisti, naturisti e famiglie con bambini: l’oasi resti selvaggia

01 maggio 2017
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SASSARI. Ci sono luoghi impossibili da semplificare in una mappa, da distillare in statistica o raccontare nel linguaggio dei tecnici. Ci stanno stretti, perché sbrodolano sempre storia, ricordi, sensazioni e tutto quello che i numeri non possono trattenere. Uno di questi posti è la spiaggia di Porto Ferro, propaggine del Comune di Sassari, ai confini con Alghero. Per difendere questo luogo altrove è partita una grande rivoluzione. Mille firme raccolte in appena 24 ore, un Comitato battagliero, il tam tam sui social, interventi sui quotidiani, e infine una valanga di adesioni al grido “Giù le mani da Porto Ferro”. Perché il Piano di Utilizzo dei Litorali approvato dal Comune di Sassari disegna sopra questo anfratto di natura selvaggia, tre stabilimenti balneari, con ombrelloni, sdraio, passerelle, spogliatoi: il classico copia e incolla di standard e servizi adagiato su qualsiasi altro lido, come si trattasse di Platamona o del Poetto.

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Ma Porto Ferro, per chi ne ha respirato la salsedine, è tutt’altra roba. Uno dei suoi estimatori, l’avvocato Mariano Mameli, ad esempio, lo descrive così: «È un luogo dell'anima che non appartiene a nessuno e al contempo a tutti quelli che in qualsiasi ora e stagione dell'anno vi abbiano impresse le proprie orme. Quei due chilometri di sabbia giallorossastra si adagiano su una delle ultime baie vergini del Mediterraneo, un luogo senza tempo per creature fatte in fondo a somiglianza: surfisti, naturisti, famiglie con bambini avventurosi ancora in grado di inseguire legni e conchiglie, nudisti, bagnanti solitari, pescatori esordienti, o anziani sognatori desiderosi di sostare anche poco in uno scenario unico e delicatissimo». Ecco, nel bel mezzo di questa oasi senza tempo, dovrebbero germogliare tre parallelepipedi in Pvc.

Secondo l’amministrazione comunale sono il punto di partenza per il rilancio di un arenile selvaggio ma sotto utilizzato, troppo di nicchia, dove l’inclinazione hippie può tranquillamente convivere con la vocazione più pragmaticamente balneare. «Stiamo parlando di un’incidenza sull’arenile di appena 2,9 per cento – ha detto l’ex assessore all’Urbanistica Gianni Carbini – l’impatto è praticamente zero. E i progetti rispettano gli indirizzi e le prescrizioni delle aree Sic». Ma chi vive Porto Ferro pensa che l’ultima cosa di cui avrebbe bisogno la spiaggia è esattamente ombrelloni e sdraio. Chi la sceglie è proprio per questa assenza, per sfuggire dall’assalto degli asciugamani. Per capirsi: non è un tratto di costa adatto a rosolarsi distesi al sole e non è molto ospitale per famiglie e bambini. Batte sempre il vento, spettina la sabbia, le onde e la risacca sono generosi, c’è una variegata biodiversità che si traduce in fastidiosi insetti.

«E poi quanto durerebbero delle strutture in legno? Questo non è un mare da cartolina – dice Corrado Ughi della cooperativa Vosma che si occupa di pulizia e sicurezza – il libeccio e il maestrale le spazzerebbero via». E infatti si sceglie Porto Ferro per tuffarsi tra le onde, surfare, fare sport, o lunghe passeggiate magari in compagnia del proprio cane, oppure ancora per ammirare un tramonto e fare il bagno nudi in disparte. Così da più di mezzo secolo. «Ma chi ha delineato il Pul – dicono quelli del Comitato – ignora la storia dei luoghi. Nessun frequentatore della spiaggia è stato coinvolto nella pianificazione, non è stato chiesto il parere di un solo operatore. E anche da un punto di vista tecnico sono stati commesso numerosi errori».

Ed è proprio su questo fronte che continuerà la disputa. Il Comitato ha depositato in Comune le osservazioni al Pul: «L’assessore insiste di aver rispettato i dettami paesaggistici e i vincoli dell’area Sic. Ma questi sono i meno stringenti: il problema è che parliamo di una zona ad alto rischio idrogeologico ad altissima pericolosità idraulica, e il Pai vieta l’installazione di strutture e manufatti. Figuriamoci tre stabilimenti balneari».

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