La Nuova Sardegna

Piccoli comuni e usi civici, la Corte costituzionale boccia la Regione Sardegna

L'aula del consiglio regionale
L'aula del consiglio regionale

Cassate alcune parti della legge di stabilità 2016, tutte quelle che erano state impugnate dal governo lo scorso giugno

11 maggio 2017
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CAGLIARI. Bocciate dalla Corte costituzionale alcune parti della legge di stabilità 2016 della Regione Sardegna, tutte quelle che erano state impugnate dal governo lo scorso giugno, incluso l’ennesimo tentativo di sdemanializzazione degli usi civici.

La prima delle norme dichiarate illegittime (contenuta in alcuni commi dell’articolo 1 della legge 5 del 2016) riguarda l’estensione agli enti strumentali della Regione, alle unioni dei Comuni e ai consorzi industriali provinciali, oltre che a quelli di bonifica, dell’impignorabilità dei fondi destinati a realizzare opere pubbliche delegate dalla Regione.

La seconda, invece, introdotta da alcuni commi dell’articolo 4, riguarda la sclassificazione degli usi civici, bocciata in quanto viola il principio di copianificazione tra Stato e Regione.

La terza, infine, prevedeva per i piccoli Comuni della Sardegna l’esenzione dalle sanzioni imposte in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno per il 2015.

Tutte e tre le norme (il comma 12 dell’articolo 1, i commi dal 24 al 27 dell’articolo 4 e il comma 13 dell’articolo 8) erano state introdotte nella legge di stabilità con emendamenti presentati in Aula da consiglieri della maggioranza.

Nell’esprimere il parere della Giunta in quelle occasioni, l’assessore del Bilancio e Programmazione Raffaele Paci aveva segnalato al Consiglio possibili profili di incostituzionalità, che oggi sono stati confermati dalla sentenza della Consulta.

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