La Nuova Sardegna

Patata, regina umile richiesta tutto l’anno e dai mille utilizzi

di Antonello Palmas
Patata, regina umile richiesta tutto l’anno e dai mille utilizzi

Si tratta della seconda coltura in Sardegna per ettari piantati. Il limite: l’assenza di coordinamento con l’industria

25 febbraio 2018
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SASSARI. È la seconda produzione orticola in Sardegna per numero di ettari coltivati, un migliaio. La patata ha quindi un ruolo importante per l’isola, secondo solo ai carciofi (9000 ettari), davanti a colture come pomodori e a seguire meloni e angurie, che però sembra scontrarsi con la sua immagine di ortaggio umile e dalla resa economica non eccelsa. «È comunque una coltura che ha un mercato e delle competenze, è una produzione importante – spiega l’esperto del settore per Laore, Michele Sitzia –. Certo, il mercato non è in espansione. Ma ha margini di crescita interessanti se solo si creasse un coordinamento con l’industria, in particolare quella degli snack (che necessita di un rifornimento continuo e di varietà particolari) e i pastifici che fanno culurgiones, il cui disciplinare non prevede l’utilizzo obbligatorio di patate sarde». Il consumo è soprattutto interno, legato al mercato del fresco; tanti i piatti della tradizione che ne prevedono l’uso. La richiesta non viene soddisfatta e si ricorre all’estero, soprattutto a Spagna e Francia. Qualcosa finisce anche in continente, tramite le piattaforme della grande distribuzione.

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Un grosso pregio della patata: si coltiva in tutti i periodi dell’anno. «Quella che si semina a febbraio-marzo e si raccoglie a giugno è la comune – dice l’esperto di Laore –, la bisestile è quella che si semina ad agosto e si raccoglie a dicembre. La primaticcia ad Arborea-Terralba si semina a gennaio, a Valledoria a ottobre. Il grosso della produzione si fa con bisestile e primaticcia».

Tre i principali areali di produzione in pianura: i 130 ettari dell’Anglona (Valledoria, Badesi), i 260 dell’Oristanese (Arborea-Terralba) e i 500 del Cagliaritano (Quartu, Quartucciu, Monastir, Maracalagonis, Sinnai, Ussana). Nell’Oristanese la parte del leone la fanno la Cooperativa produttori Arborea e la Orti di Eleonora, che lavorano in maniera intensiva e moderna. In Anglona e Cagliaritano il panorama è dominato da grossi produttori che conferiscono al grossista per la lavorazione post-raccolta: lavaggio, calibratura (patate omogenee per grandezza in fase di confezionamento) e insacchettatura.

«Quella del 2017 è stata un’annata generosa» dice Antonio Scano, tecnico Laore, riferendosi alla zona di Arborea-Terralba, all’avanguardia nell’agricoltura. «Qui è coltivata da sempre e con buoni numeri, che variano a seconda del mercato – spiega –.Si fanno due cicli: la primaticcia, che si semina al freddo dato (sui terreni sabbiosi in estate si possono creare problemi al tubero per via del caldo); e la bisestile. Interessa superfici c di 80-120 ettari». Il settore dipende molto dal mercato: «In questi ultimi anni c’è stato un incremento – afferma Scano – , grazie al miglioramento dal punto di vista varietale (prima era coltivata prevalentemente la Monalisa, ora sono state introdotte la varietà Colomba, la Lucinda, la Giorgina (molto interessante), le rosse e un po’ la viola. Vuoi anche per il miglioramento della tecnica colturale (grazie a qualche esperto del continente), inoltre sono state fatte prove di irrigazione per l’utilizzo della manichetta al posto dell’aspersione, che favorisce risparmio idrico e trattamenti: meno viene bagnata la chioma, minore è il pericolo di malattie fungine (soprattutto alternaria e peronospora)». La Coop Arborea adotta il disciplinare di produzione integrato, anche per ridurre l’impatto ambientale e i residui di fitofarmaci: questo vuole ora il mercato.

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