La Nuova Sardegna

Un’epidemia stermina le nacchere nei mari dell’isola

di Dario Budroni
Un’epidemia stermina le nacchere nei mari dell’isola

L’allarme delle Amp: solo pochi esemplari di pinna nobilis. Sotto attacco tutto il Mediterrano e manca ancora una cura

24 luglio 2018
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OLBIA. Le nacchere vanno ko. Tutta colpa di un killer microscopico che sta seminando morte e preoccupazione nelle acque del Mediterraneo. La pinna nobilis, il bivalve super tutelato che cresce lungo le linee di costa, adesso rischia l’estinzione. È una moria di massa. In Spagna sono stati registrati picchi di mortalità del 100 per cento. In Sardegna le cose vanno poco meglio, ma gli studiosi sono in allarme. Anche perché l’uomo non ha alcuna arma da opporre all’avanzata del terribile protozoo, probabilmente un Haplosporidio, che sta uccidendo la pinna nobilis. Le aree marine protette dell’isola hanno appena raccolto dei dati che parlano chiaro: la mortalità è diffusa e sembra non risparmiare nessuna zona.

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«Le epidemie sono fenomeni naturali e ricorrenti che riguardano sia le specie marine che quelle terrestri – spiega Giulia Ceccherelli, docente di ecologia marina dell’università di Sassari –. In questo caso non stiamo parlando di un batterio o di un virus, ma di un protista. Cioè un organismo unicellulare che si ciba dei tessuti. Si trasmette attraverso l’acqua e non c’è possibilità di interrompere la diffusione». Le immagini che arrivano dai fondali la dicono lunga. «La posizione della pinna nobilis è normalmente eretta – continua la studiosa –. Ora stiamo trovando individui reattivi e sani, individui dritti ma poco reattivi, individui ancora dritti ma senza mollusco e altri piegati e adagiati».

La strage in Sardegna. Le aree marine protette sono impegnate a censire le nacchere e stanno dialogando tra loro per lavorare in rete. I risultati sono piuttosto preoccupanti. Lo staff dell’Amp di Tavolara ha eseguito un censimento solo pochi giorni fa. Dei 375 individui trovati, 215 erano sani, 66 malati, 37 morti di recente e 57 morti e adagiati sul substrato. Una situazione che è totalmente cambiata rispetto ai censimenti di due anni fa. Nell’Amp di Capo Caccia le cose sembrano andare meglio. Qui è stato verificato lo stato di 168 esemplari: 94 per cento sano, 5 per cento morto e 1 per cento malato. Allarmanti i dati dell’Amp dell’Asinara. I dati definitivi arriveranno a fine stagione, ma si sa già che la moria è in corso: la percentuale degli individui morti oscilla a seconda delle zone tra il 20 e il 50 per cento. Strage nel mare dell’Amp della Penisola del Sinis. Durante il monitoraggio sono stati contati 88 esemplari, di cui l’85 per cento è risultato morto. Infine l’Amp di Villasimius. Le indicazioni dicono che la moria è in atto: 21 le pinne incontrate, di cui 8 morte, 7 vive e 6 malate.

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Nessuna cura. Insomma anche in Sardegna, così come in Spagna, è in atto una strage. E il problema è che il protozoo è impossibile da fermare. Impossibile anche curare le pinne nobilis che risultano malate. «L’indagine ha indicato una moria in atto, sebbene l’importanza sembra cambiare a seconda del sito – spiegano dalle aree marine protette –. Tuttavia, solamente censimenti ripetuti nel tempo nelle stesse aree potranno identificare la dinamica del fenomeno, anche perché gli individui morti vengono dislocati con il moto ondoso e dunque sfuggirebbero al censimento se non rilevati ripetutamente». Il futuro non è roseo. «Se il parassita porterà a una totale estinzione della specie, se invece avverranno delle estinzioni locali nelle varie regioni mediterranee oppure si verificheranno delle drastiche riduzioni della numerosità delle popolazioni con una conseguente selezione degli individui resistenti al patogeno, sarà naturalmente oggetto di indagine nel futuro», aggiungono gli studiosi delle Amp isolane.
 

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