La Nuova Sardegna

Tirrenia via da Cagliari. I sindacati: mille esuberi

di Silvia Sanna
Tirrenia via da Cagliari. I sindacati: mille esuberi

La compagnia chiude la sede amministrativa: «Nessun licenziato nell’isola». Ma Onorato ammette: senza continuità territoriale molti posti di lavoro a rischio

13 dicembre 2019
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SASSARI. Tutto nasce dall’incontro tra rappresentanti sindacali e azienda, convocato dai vertici Cin per illustrare i prossimi passi nella riorganizzazione della Tirrenia. Per prima cosa, la compagnia ha annunciato la chiusura delle sedi amministrative di Napoli e Cagliari, con il trasferimento dei dipendenti a Portoferraio, Livorno e Milano. Ma il futuro della compagnia di navigazione – almeno per quanto riguarda una parte dei dipendenti – è legato alla convenzione sulla continuità territoriale marittima, in scadenza a luglio 2020. Dal 2013 Tirrenia gestisce i collegamenti dalla Penisola alle isole percependo 73 milioni di euro dallo Stato come compensazione. Le incertezze sulla nuova convenzione e i forti dubbi sulla possibilità di un rinnovo automatico senza regolare bando di gara, oltre a gettare nello sconforto i sardi, spingono il gruppo Onorato a ipotizzare scenari pessimi sul fronte dell’occupazione. Ai sindacati Onorato ha detto che in assenza di convenzione da settembre 2020 potrebbero esserci circa 1000 esuberi sul totale dei 5mila dipendenti.

I sindacati non ci stanno. Un’ipotesi respinta con forza dai rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil, che hanno già proclamato lo stato d’agitazione. «La prospettiva di 1.000 esuberi tra il personale marittimo a partire dal 2020 e della chiusura delle sedi amministrative di Napoli e Cagliari con trasferimento coatto di tutto il personale nelle sedi di Portoferraio, Livorno e Milano, appare inverosimile e, qualora fosse confermata, non esiteremmo a respingerla. Abbiamo già proclamato lo stato di agitazione - proseguono Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti - ed avviato le procedure per lo sciopero, che sarà inevitabile se l’azienda persevererà in tale percorso». Tuona il segretario regionale della Filt Cgil Arnaldo Boeddu: «La decisione di accorpare presso altre sedi tutte le attività e pratiche amministrative potrebbe avere conseguenze gravissime anche in Sardegna dove operano 25 lavoratori diretti più gli indiretti. L’eventuale trasferimento sarebbe un licenziamento mascherato, considerato che data la non più giovane età è improbabile che i dipendenti si possano spostare dall’oggi al domani senza alcuna garanzia. E bisogna considerare anche che l’isola perderebbe ancora una volta una fetta di lavoro che si sposterebbe verso altre regioni più ricche». Per questo motivo Boeddu ha allertato immediatamente anche la struttura nazionale della Cgil «affinché si faccia chiarezza su ciò che, senza alcun preavviso e senza alcun motivo, tocca in prima persona il futuro dei lavoratori e dei loro familiari».

L’azienda: tutto falso. Niente di vero secondo l’azienda: «Nessun posto di lavoro verrà perso in Sardegna». La compagnia spiega che i 25 operatori dell'isola continueranno ad operare nelle due biglietterie, che non saranno chiuse, mentre l'unico dipendente amministrativo dovrà solo trasferirsi di sede, sempre a Cagliari. «Stupisce la presa di posizione del segretario generale della Filt Cgil Sardegna Arnaldo Boeddu - osserva la compagnia - non era presente agli incontri e rilascia dichiarazioni non veritiere senza essere stato informato dai suoi referenti nazionali».

La politica accusa. Di beffa, «l’ennesima», parla il deputato e coordinatore di Forza Italia Ugo Cappellacci a proposito della chiusura della sede amministrativa di Cagliari: «Bisogna cambiare radicalmente sistema, è ora che la Sardegna decida la politica dei collegamenti marittimi e questa sia orientata ad assicurare una vera continuità territoriale. Per questo ho già presentato una proposta di legge per il trasferimento delle risorse e delle funzioni dallo Stato alla Sardegna». Secondo Mauro Pili, leader di Unidos, l’annuncio dei possibili 1000 esuberi significa che «è scattata di fatto l’operazione ricatto sociale con l’illusoria pretesa di rivendicare la proroga della convenzione con lo Stato. Si tratta del nuovo vergognoso tentativo di Onorato di scaricare le responsabilità gestionali della compagnia sulle spalle dei lavoratori. Un’operazione spregiudicata priva di qualsiasi credibilità».

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