La Nuova Sardegna

Sassari

Sul filo della memoria rivive la città degli ortolani

di Antonio Meloni
Sul filo della memoria rivive la città degli ortolani

Mostre, dibattiti e cerimonie. Così Sassari onora il suo passato e la plurisecolare economia contadina

13 aprile 2012
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SASSARI. Una città circondata dagli orti, incastonata dentro valli rigogliose animate da squadre di infaticabili contadini. Questa era Sassari e questo suo passato, neppure troppo lontano, viene evocato con le celebrazioni per il cinquecentesimo trasferimento dell’antico gremio degli Ortolani nella chiesa di Santa Maria di Betlem. I compleanni, quando sono importanti come questo, servono per fare riflettere. A maggior ragione in una città che degli orti aveva fatto la sua tradizione e il suo vanto.

Le giornate degli Ortolani, che ieri e oggi vede in campo all’Emiciclo gli eredi della tradizione contadina sassarese, sono state aperte mercoledì pomeriggio con una bella mostra in via dell’Insinuazione. C’è la Sassari antica nella sala espositiva dell’Archivio storico del Comune: seicento anni di storia racchiusi in dodici metri quadrati per rievocare le vicende di un centro laborioso caratterizzato da un’economia a marcata impronta rurale.

La mostra sugli orti sassaresi, curata da Paolo Cau, direttore dell’istituto di via dell’Insinuazione, è un viaggio affascinante sul filo della memoria.

I reperti esposti raccontano la storia di una città protetta dalla spessa cinta muraria, ideale linea di demarcazione fra il dedalo delle viuzze tortuose e l’intricato sistema di orti e coltivazioni da cui in antico i sassaresi traevano alimento e sostegno. In quel contesto, che per secoli ha caratterizzato l’economia del territorio, si inserisce la figura dell’ortolano, elemento chiave nel buon governo della città. Per coglierne l’importanza è necessario rileggere gli Statuti sassaresi e riflettere sull’attività del responsabile delle acque (partitores de sas abbas), elemento centrale nella gestione razionale degli orti.

«Per avere un’idea vaga del ruolo che ricopriva questo specialista _ spiega Paolo Cau _ basti pensare che il partitores poteva deviare il corso delle acque a uso irriguo manovrando ad arte un sistema idraulico complesso che sfruttava i corsi d’acqua naturali». Dalle alture di Osilo, attraverso la valle del Logulentu, l’acqua, bene primario, arrivava fino all’ingresso di Porto Torres, intercettando, a metà strada, l’affluente dell’Eba giara che lambiva la parte nord-orientale della città. Il colle dei Cappuccini dominava buona parte di quelle sterminata distesa verde. Proprio in cima sorgeva la chiesa della Madonna di Valverde, patrona degli ortolani, da cui comincia la vicenda narrata dagli oggetti esposti nell’Archivio comunale.

Un documento del 1512, infatti, riferisce del trasferimento del gremio, che lì aveva fissato la sede ideale, dalla chiesetta sul colle, curata dai frati serviti, in una delle cappelle di Santa Maria di Betlem dove a distanza di cinquecento anni, gli Ortolani conservano ancora i candelieri che sfilano durante la Faradda. Quella del trasloco fu una decisione autonoma legata, pare, a un aspetto pratico: «Forse _ spiega Giovanni Ruiu, presidente del gremio _ Santa Maria era più vicina al centro abitato, ed era più semplice arrivare in città senza attraversare i campi».

Non solo, la sede era più vicina a quella delle altre corporazioni il cui spirito di solidarietà era un elemento importante nell’organizzazione del mestiere e nei rapporti con la municipalità.

Il mito di Sassari, città dell’acqua e del verde, rivive, dunque, nella sala al piano terra del palazzo di via dell’Insinuazione dove sono esposti non solo gli abiti indossati dai rappresentanti del gremio durante la discesa e le ricorrenze importanti, ma anche delibere, planimetrie, foto d’epoca e oggetti che hanno contribuito alla storia della città. L’esposizione è l’esito di una ricerca meticolosa durata cinque anni durante i quali Paolo Cau ha raccolto e organizzato un materiale ben più ampio rispetto a quello che, per ovvi motivi di spazio, è stato utilizzato nella mostra. A giudicare dalla presenza del pubblico (all’inaugurazione c’erano anche il sindaco Gianfranco Ganau e l’assessore alle Culture Dolores Lai) e dalle prime entusiastiche reazioni, l’iniziativa è già un successo.

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