La Nuova Sardegna

Sassari

La storia della città riscoperta studiando gli antichi gremi

di Antonio Meloni
La storia della città riscoperta studiando gli antichi gremi

Dal convegno per i cinquecento anni degli Ortolani l’idea di recuperare la memoria attraverso le corporazioni

26 aprile 2012
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Il recupero della memoria attraverso la storia gremi, testimoni di vicende importanti e gelosi custodi di notizie inedite. Fa discutere l’idea, lanciata l’altro ieri da Paolo Cau, direttore dell’Archivio storico del Comune, durante il convegno sugli orti organizzato nella sala conferenze dell’istituto di via dell’Insinuazione. Un appello che certo non cadrà nel vuoto e non solo perché le vicende delle singole corporazioni, a oggi, presentano ancora diverse lacune, ma anche per il fatto che le informazioni tramandate nel tempo possono ancora essere raccolte e salvate.

Cau ha detto di essere convinto che attraverso interviste, realizzate con i membri più anziani dei gremi, sia possibile rilevare informazioni e aneddoti importanti, magari inediti, capaci di colmare, almeno in parte, i vuoti storici. Ripercorrendo le vicende che hanno caratterizzato la storia degli Ortolani, che almeno sul piano documentario sembrerebbe il più antico dei gremi sassaresi, riemerge buona parte della storia della città. Vicende che a molti sembrano scontate, ma per i più rappresentano “scoperte” relativamente recenti. Un po’ come i cinquecento anni del trasferimento del candeliere degli Ortolani dalla chiesa della Madonna di Valverde, sul colle dei Cappuccini, alla cappella di Santa Lucia prima e delle Anime poi, in Santa Maria di Betlem.

È toccato allo storico dell’arte Alessandro Ponzeletti, con il supporto di alcune slide, ricostruire la temperie storica e culturale della Sassari cinquecentesca, quando l’economia era sostenuta dall’attività di ortolani e mugnai. Le vicende narrate nascono attorno al colle di Valverde (oggi Cappuccini) che dominava uno scenario caratterizzato da colture orticole e corsi d’acqua. La chiesa omonima sorgeva su quel promontorio di fronte alla confluenza di tre valli: del Castello, dell’Eba giara e del Rosello. Una immensa distesa verde coltivata e irrigata con l’impiego di sistemi all’avanguardia. Per avere un’idea di quello scenario, si possono rivedere le rappresentazioni grafiche dei geografi dell’epoca che riportano il borgo racchiuso dalla cinta muraria, ideale linea di demarcazione fra il centro abitato e la campagna segnata da solchi e filari.

Gli Ortolani, devoti alla Madonna di Valverde, venerata nella chiesa curata dai serviti prima e dai cappuccini poi, fissano lì la loro sede per la conservazione del candeliere. Ma nel 1512, per motivi che non si conoscono, si trasferiscono a Santa Maria di Betlem. Valverde, però, non viene abbandonata perché in un documento del 1742, “riesumato” da Paolo Cau in occasione della mostra dedicata agli Ortolani, è detto che la cappella della chiesa sul colle, per il gremio, è sempre un punto di riferimento importante. Un indizio significativo che dimostra come, a 230 anni dal trasloco, gli Ortolani siano rimasti affezionati alla sede originaria. Un invito a tornare alla storia, attraverso le vicende dei gremi, è stato rivolto anche da Angelo Tilocca, socio degli Ortolani e presidente del Fai (Fondo per l’ambiente italiano) e dall’assessora comunale alle Culture, Dolores Lai, che per l’occasione ha rispolverato il progetto di riqualificazione della vallata del Rosello, rilanciando l’idea dell’orto urbano come nuovo spazio di socializzazione. La chiusura è stata affidata a Giovanni Ruiu, presidente degli Ortolani, che al termine dei lavori ha donato ai relatori un quadretto col simbolo del gremio.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Elezioni comunali 

Ad Alghero prove in corso di campo larghissimo, ma i pentastellati frenano

Le nostre iniziative