La Nuova Sardegna

Sassari

Inchiesta sul Puc, Meloni va in Procura

di Elena Laudante

L’ex assessore all’Urbanistica, indagato per tentata concussione, interrogato per un’ora: «Mai fatto pressioni su Brozzu»

17 maggio 2012
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SASSARI. «Il “consiglio” a Brozzu di smetterla con la guerra al Comune per ottenere il via libera a Tanit? Un fraintendimento». E la richiesta di inserire i terreni dei parenti del sindaco nelle zone che avrebbero consentito un incremento volumetrico? «Una falsità». È iniziato ieri il round di interrogatori sui presunti abusi commessi nell’approvazione del Puc dal consiglio comunale, in testa primo cittadino e suo vice. All’epoca assessore all’Urbanistica (era il 2008), Valerio Meloni - oggi consigliere regionale del Pd - è citato in pochi ma fondamentali episodi dell’impianto accusatorio, che fanno riferimento al braccio di ferro con il titolare della Sarda Vibrocementi, Brozzu, presunta vittima di un tentativo di concussione (ma indagato per abusi edilizi), e poi beneficiario di una licenza - prima negata e poi concessa - in odore di abuso dell’ufficio pubblico, con una conseguente contestazione di falso per dirigenti e amministratori.

Tra i 36 indagati, Meloni è stato il primo a chiedere di essere sentito. E ieri alle 10 si è presentato, accanto al suo difensore - l’avvocato Francesco Ruju - nell’ufficio del procuratore della Repubblica, Roberto Saieva. Dopo il trasferimento a Cagliari della cointestataria del fascicolo, il pm Maria Grazia Genoese, sarà il capo dell’ufficio inquirente ad ascoltare la versione degli indagati, per poi decidere per quali esercitare o meno l’azione penale.

Saieva ieri è rimasto quasi in silenzio per tutto il tempo dell’interrogatorio, poco più di un’ora. Ha lasciato che Meloni esponesse le sue ragioni, che spiegasse quegli episodi denunciati dall’imprenditore nel corso della battaglia perché il Comune gli facesse alzare di un po’ il centro commerciale poi divenuto “galleria” Tanit - a Caniga - e di un altro episodio più spinoso. Agli atti dell’inchiesta c’è la dichiarazione di Giampiero Uneddu (all’epoca, progettista del Puc, oggi consigliere comunale Pdl) che rivela: Meloni, allora vicesindaco, chiese ai progettisti del Piano di inserire tra le zone edificabili aree di proprietà di parenti del sindaco Gianfranco Ganau. Sospetto di conflitto di interessi che ora vale al primo cittadino un’accusa di tentato abuso d’ufficio aggravato, in riferimento alla versione del Puc poi cassata dalla Regione e perciò mai divenuta efficace. Quelle modifiche sugli indici di edificabilità non sono quindi mai state realizzate. Meloni nega tutto. Di più, parla di una richiesta «mai avvenuta», insomma di una fantasia che gli sarebbe stata attribuita senza alcun senso. «Mai detto nulla di ciò. E poi, il sindaco conosceva benissimo l’architetto Gabrielli, il padre del Puc, se avesse voluto fare richieste personali le avrebbe fatte direttamente, non certo attraverso l’assessore all’Urbanistica». Più sfumato appare nella mente dell’ex vicesindaco l’incontro del settembre 2008, che secondo l’accusa avrebbe sollecitato a Uneddu, con Ganau e il responsabile dello sportello unico attività produttive Gian Franco Masia, per il Comune; sul fronte opposto Uneddu, Brozzu e il suo avvocato Silvio Pinna. Stando alle carte dell’inchiesta, Meloni e Ganau avrebbero “consigliato” al costruttore di non impugnare al Tar la delibera sullo strumento urbanistico votato a luglio, per evitare di continuare la «guerra» al Comune, che in cambio della sua resa gli avrebbe rilasciato la concessione in sanatoria alle volumetrie in più che aveva già costruito, per il nascente centro commerciale. Per la procura, un tentativo di concussione. Ma Meloni ha ricordato che «anche l’avvocato Pinna ha smentito quella ricostruzione (fatta da Brozzu e Uneddu, ndc). Il prossimo ad essere sentito sarà il sindaco.

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