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Sassari

dal gup

Processo sul cavallo vincente «Truffa, non è purosangue»

Processo sul cavallo vincente «Truffa, non è purosangue»

SASSARI. Un cavallo che straccia gli avversari al "Gran Premio Unire del cavallo arabo", figlio di Amer - dell’emiro del Qatar - ma che secondo la magistratura avrebbe in realtà «origini sconosciute»...

23 maggio 2012
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SASSARI. Un cavallo che straccia gli avversari al "Gran Premio Unire del cavallo arabo", figlio di Amer - dell’emiro del Qatar - ma che secondo la magistratura avrebbe in realtà «origini sconosciute» perché nel suo passaporto mancherebbe la genealogia completa del padre. Per questo non avrebbe potuto partecipare e riscuotere premi alle competizioni riservate, appunto, a purosangue. Con il sospetto che le sue corse possano aver «influenzato concorsi e scommesse agli ippodromi di Chilivani e Grosseto». La contesa sulla purezza del campione "Ameretto" (figlio di Amer) ha causato guai giudiziari ai vertici dell'Associazione Nazionale Italiana Cavallo arabo e dell'Unione incremento razze equine, oltre che al suo proprietario, un chirurgo plastico che opera a livello internazionale, Paul Jean Daverio. Il professionista è imputato di truffa e atti fraudolenti in competizione sportiva perché il suo esemplare ha partecipato - tra le altre - alla gara che si è tenuta all'ippodromo di Chilivani il 5 giugno 2009, dedicata ai purosangue. Oltre a Daverio, sono davanti al giudice dell'udienza preliminare Maria Teresa Lupinu l'amministratore della scuderia Punta Ruja, Giancarlo Fenu (accusato di concorso in truffa e frode sportiva), il segretario generale dell'Associazione nazionale italiana cavallo arabo Pierluigi Rota (sospettato di abuso d'ufficio, falso ideologico, truffa e frode sportiva) e Riccardo Acciai, segretario generale dell'Unire. Ieri il pubblico ministero Paolo Piras ha ribadito la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal magistrato che ha condotto l’inchiesta, Michele Incani. I difensori degli imputati hanno sollecitato il non luogo a procedere: tra le altre tesi a sostegno della richiesta di assoluzione, c'è l'esito della perizia sulla purezza del sangue, che per il 30 per cento - ha stabilito un esperto - ha proprio l’origine indicata, quella araba. I difensori Pasqualino Federici, Fabio Viglione, Vittorio Largajolli e Gildo Ursini hanno eccepito la competenza territoriale. E Federici ha ricordato come il tribunale del Riesame, nel revocare il sequestro del cavallo, abbia evidenziato che «dalla documentazione della difesa emerge la genealogia del cavallo che riporta a una progenie di purosangue arabi con mantello grigio». Il collegio esprimeva dubbi sulla diversità di indicazione del colore del mantello, che era alla base di una delle ipotesi di truffa il cui «indizio veniva meno».

Il pm Incani contesta la certificazione fatta dall'Anica su Ameretto perché l'albero che ricostruisce gli ascendenti avrebbe dovuto elencarli fino alla quinta generazione. Da segretario dell'Anica, Rota avrebbe comunicato all'Unione incremento razze che il puledro possedeva - stando alle indagini, contrariamente alla realtà - i requisiti per essere iscritto al registro sportivo, presupposto per partecipare a manifestazioni di categoria. Le accuse di truffa fanno riferimento ai premi ottenuti a Chilivani (8.500 euro), e a Grosseto (22mila). Ai quattro è contestata anche la violazione della legge su gioco e le scommesse: certificando Ameretto avrebbero determinato «in maniera influente lo svolgimento dei concorsi pronostici e scommesse negli ippodromo di Chilivani, Grosseto e in tutte le agenzie nazionali Snai». La decisione del gup il 5 luglio. (e.l.)

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