La Nuova Sardegna

Sassari

caso contratto d’area

Il giudice su Spissu: «Così truffò lo Stato»

 Il giudice su Spissu: «Così truffò lo Stato»

SASSARI. «L’illecito accesso all’indebita erogazione» dei fondi per il Contratto d’Area Sassari-Alghero-Porto Torres, da parte di Giacomo Spissu, Innocenzo Giannasi e Salvatore Orani (con le società...

01 giugno 2012
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SASSARI. «L’illecito accesso all’indebita erogazione» dei fondi per il Contratto d’Area Sassari-Alghero-Porto Torres, da parte di Giacomo Spissu, Innocenzo Giannasi e Salvatore Orani (con le società Bureau 2000 e Idea Impresa) ha rappresentato «un danno nei confronti della pubblica amministrazione». E questo - scrive il giudice Salvatore Marinaro per motivare la sentenza di luglio che condannava l’esponente Pd a 6 mesi per truffa - in due modi: attraverso «la distorsione dello strumento dalle finalità prefissate e la preferenza per le due società rispetto ad altri aspiranti inseriti in posizione meno vantaggiosa nella graduatoria finale, con conseguente potenziale esclusione». In 17 pagine il giudice ripercorre le fasi dell’inchiesta del pm Gianni Caria e poi del processo a Spissu, all’ex assessore comunale Giannasi (condannato a 1 anno) e al costruttore Orani (9 mesi), ritenuti colpevoli per aver chiesto fondi allo Stato - Orani solo di aver firmato liberatorie false - senza aver sostenuto i costi dichiarati, o averli sostenuti oltre la scadenza dei sei mesi dall’ultimazione del programma. L’ex presidente dell’Assemblea sarda, che lunedì è stato assolto in un altro processo per concussione e calunnia, aveva violato questa indicazione, indispensabile per ottenere i 147mila euro di fondi pubblici all’allora sua società Idea Impresa. In realtà i pagamenti delle fatture alla O.C.E. di Orani erano tardivi, ma esistenti. Mentre «in relazione alla Bureau Sistem Snc» di Giannasi - scrive il giudice - «dalle verifiche effettuate non sono emersi reali pagamenti, peraltro neppure indicati dalla difesa». Nella sede della Bureau erano state trovate 4 quietanze sulle reali modalità di pagamento (di modesti importi), ma diversi da quelli usati da Spissu per la realizzazione «del concepito programma fraudolento». Quietanze redatte non su carta Bureau, ma con intestazione Idea Impresa. E proprio la società di Spissu emetteva fatture a quella di Giannasi per il pagamento della progettazione, in una sorta di scambio. Fatture che, allo stesso modo, servivano all’ex assessore per giustificare i costi che avrebbe dovuto sostenere per ottenere i contributi pubblici. Obblighi che erano stati onorati entro il limite dei sei mesi previsti dalla legge: ecco perché nell’accusa di truffa allo Stato organizzata attraverso la società di Giannasi (Bureau 2000) Spissu è stato scagionato (il fatto non è reato), mentre l’imprenditore ha pagato il prezzo più alto, un anno di reclusione. Assolti perché non erano al corrente del «disegno truffaldino» i fornitori Giulia Sechi e Gavino Pische, difesi da Stefano Porcu e Giovanni Carta. (e.l.)

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