La Nuova Sardegna

Sassari

Truffa dei cani ungheresi, due indagati

Truffa dei cani ungheresi, due indagati

I titolari di un negozio di Li Punti avrebbero venduto animali malati e con passaporti alterati

27 giugno 2012
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SASSARI. L’indagine dei carabinieri del Nas è partita in seguito alla denuncia presentata da una coppia sassarese che aveva raccontato ai militari di esser stata truffata dai due titolari del negozio “Amico Chihuahua”, che si trova a Li Punti, specializzato nella vendita di animali da compagnia e accessori vari.

Stando agli accertamenti dei carabinieri e della Procura di Sassari che ha aperto un’inchiesta (titolare il pm Roberta Pischedda) i proprietari del negozio – Francesca Urru di 35 anni e Sergio Grassi di 48 – avrebbero indotto i clienti ad acquistare cuccioli di cane usando alcuni raggiri: spacciando gli animali come esenti da ogni malattia, sverminati e con il ciclo di vaccinazioni eseguite «sebbene in realtà – sostengono gli inquirenti – gli animali in alcuni casi soffrissero di gravi e diverse patologie, tra le quali infezioni da cimurro e demodex canis». Inoltre, gli animali venivano presentati come nati e allevati in Italia mentre per molti di loro è stata accertata dagli investigatori la provenienza ungherese. Urru e Grassi sono indagati per truffa, frode nell’esercizio del commercio e anche esercizio abusivo della professione medica veterinaria/farmacista perché avrebbero venduto medicinali senza essere abilitati.

Gli annunci di vendita dei cani venivano pubblicati sul sito internet Subito.it. È qui che le vittime del presunto raggiro – tredici al momento – trovavano i numeri di telefono del negozio “Amico Chihuahua” e fissavano un appuntamento.

Le storie raccolte dai militari del Nas sono tante e differenti ma tutte hanno in comune l’esito dell’ “affare”: i cani erano malati, a volte la razza non corrispondeva a quella richiesta o comunque garantita dai venditori e neppure l’età. Ma, soprattutto, pochi giorni dopo l’acquisto si rendeva necessario il ricovero in clinica veterinaria e i nuovi proprietari dovevano quindi sostenere i costi delle cure e delle vaccinazioni. Soldi che si aggiungevano a quelli spesi per comprare il cane: in alcuni casi Bulldog inglesi, in altri Chihuahua toy e super toy, Carlino, Cavalier King del valore di 650 euro, 980, 600, 700, 750, mille euro. Comunque sempre cifre molto alte. Nella maggior parte dei casi – stando alle denunce presentate ai carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e sanità – le povere bestie soffrivano di svariate malattie: grave dermatite, otite cronica, gastroenterite, inappetenza, non erano vaccinati né sverminati, avevano i passaporti alterati.

Una delle persone che hanno presentato querela ha raccontato di aver acquistato un chihouahoua super toy per mille euro. La titolare del negozio le aveva garantito che il cane godeva di ottima salute e che era provvisto di microchip, sverminato e con il ciclo di vaccinazione concluso. Ma dopo due giorni dall’acquisto, visto che il cane dormiva continuamente, non beveva e quel poco che mangiava lo rimetteva, si era rivolta a uno studio veterinario. Qui le era stato riferito che il cucciolo era troppo piccolo per essere messo in vendita, che presentava gravi problemi di salute e che non aveva microchip. Nonostante le cure il povero cagnetto era morto durante la notte. La clinica veterinaria di Sassari – alla quale il cliente si era rivolto per vederci chiaro – aveva eseguito l’autopsia sull’animale e indicato come causa della morte «una insufficienza cardiocircolatoria dovuta a gravi difficoltà respiratorie e una sospetta epatosi di grave entità».

I carabinieri del Nucleo antisofisticazioni, nel corso dell’indagine, hanno anche effettuato una perquisizione durante la quale sarebbe stato accertato che «i cuccioli detenuti all’interno dell’abitazione erano ammassati e chiusi in gabbia, con il pericolo concreto di trasmissione di malattie infettive (cimurro, rogna)». Ecco perché tra le ipotesi di reato potrebbe profilarsi anche quella del maltrattamento di animali.

Le indagini al momento vanno avanti, carabinieri e Procura vogliono infatti verificare se altre persone – nel Sassarese ma non solo considerato che uno degli acquirenti, ad esempio, arrivava da San Teodoro – abbiano subìto il medesimo trattamento da parte dei titolari del negozio in questione. Ossia: abbiano comprato un cane o più cani dal punto vendita di Li Punti e si siano in seguito dovuti rivolgere ad ambulatori veterinari per curare gravi malattie o completare il ciclo di vaccinazioni. (na.co.)

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