Cannigione, la piccola Elisa è annegata
L’esito dell’autopsia cancella i dubbi su eventuali malformazioni e aggrava la posizione dei gestori del diving center
TEMPIO. Asfissia da annegamento. La meno auspicata e la più grave delle cause che si potesse ipotizzare per il decesso della piccola Elisa Cecchetti, morta mercoledì scorso, a soli nove anni, mentre si preparava, felice, al battesimo dell’acqua nel diving center “La Compagnia dell’avventura” del camping “L’isuledda” di Cannigione.
Una causa di decesso, questa, già scritta mercoledì pomeriggio sul referto dei sanitari del servizio 118. Personale sulla cui professionalità ed esperienza in interventi d’emergenza c’è poco da discutere, medici coscienziosi e precisi al punto tale da non aver preso per oro colato le tante – contrastanti – versioni che ognuno dei diretti interessati (davanti a quel corpicino esamine, che ad ogni manovra di rianimazione rigurgitava acqua), dava sull’improvviso “malore” e sugli “immediati soccorsi” prestati alla piccolissima allieva in difficoltà. Un risultato agghiacciante, quello della perizia necroscopica eseguita ieri nell’Unità operativa di medicina legale della Asl di Sassari dal medico patologo Francesco Serra, che aggrava e di molto la già precaria posizione processuale di Laura Valentino – la direttrice amministrativa del diving center – e del suo istruttore ventenne, un ragazzotto di Varese, entrambi indiziati d’omicidio colposo dal magistrato che conduce l’inchiesta, il sostituto procuratore della Repubblica, Angelo Beccu. Qualcuno, di quei drammatici e purtroppo mortali frangenti, ha raccontato delle versioni delle quali ora dovrà renderne conto. Difficile infatti ipotizzare che un semplice malore in riva al mare – come si è sempre sostenuto ufficiosamente sino ad ieri –, possa portare al decesso per annegamento.
La perizia medico legale eseguita ieri sulla piccola vittima dovrà essere approfondita con ulteriori esami istologici che richiederanno, come chiesto dal consulente d’ufficio, novanta giorni di tempo per essere completati.
Contemporaneamente sarà necessario sottoporre, e questo è uno degli incarichi che il magistrato inquirente affiderà ai suoi esperti nelle prossime ore, l’intera attrezzatura subacquea sotto sequestro agli accertamenti di funzionalità e sicurezza, esami che saranno utili anche al medico patologo. Una morte assurda, dunque, avvenuta in un metro d’acqua e davanti agli occhi di un istruttore che avrebbe dovuto costantemente assistere la sua giovanissima allieva durante la prima immersione con bombole e respiratori. Qualcosa, nel gioco dei mini sub, non ha funzionato. Un qualcosa che ha portato al decesso per annegamento una bimba esperta nel nuoto, una ragazzina che da anni frequentava la piscina comunale del suo paese d’origine, Ponsacco.Un controllo visivo e a stretto contatto, quello imposto dalla normativa in materia di scuole sub, che prevede l’immediato intervento dell’istruttore nel caso di difficoltà da parte dell’allievo.
Sulla spiaggia dell’Isuledda, mercoledì pomeriggio, c’erano due istruttori, in servizio. Uno era intento a far conoscere le tecniche di immersione ad un gruppo di giovani (oltre i dieci anni d’età) e l’altro si occupava di mini sub, bimbi tra gli otto e dieci anni.
Tre allievi, tra i quali Elisa Cecchetti, che bardati di muta, bombola, maschera, pinne ed erogatori provavano la loro prima immersione con l’autorespiratore. Tre allievi, una delle quali potrebbe essere sfuggita al controllo dell’istruttore. Al punto tale da respirare tanta acqua da farla morire annegata. La magistratura gallurese sta procedendo per gradi in una vicenda dolorosissima e delicata, e non è escluso che, sin dalle prossime ore, possano essere disposti provvedimenti diversi nei confronti degli indagati. La salma della piccola, completate le indispensabili analisi di legge, è stata già restituita alla pietà dei familiari, e nelle prossime ore dovrebbe rientrare a Ponsacco, dove saranno celebrati i funerali. Una bara bianca che lascia l’isola dei sogni, accompagnata dalla lancinante disperazione dei genitori e di una sorellina che stanno vivendo i momenti più dolorosi della loro vita. L’inchiesta non è ancora conclusa, e restano da chiarire ancora tanti aspetti della tragedia che ha funestato l’estate sarda.
La Capitaneria di porto della Maddalena ha chiesto spiegazioni, in vista di loro provvedimenti, sul motivo per il quale dai responsabili della “Compagnia dell’avventura” non è stato allertato il centro di soccorso della Guardia costiera, com’era già accaduto in passato, quando un caso analogo si era tragicamente concluso con il decesso di un subacqueo.
Nel frattempo i brevetti degli istruttori che fanno parte dello staff del centro diving sono all’esame degli uffici amministrativi della Direzione marittima del nord Sardegna, il cui direttore, il capitano di vascello Nunzio Martello, ha disposto una verifica approfondita sulle dotazioni di sicurezza, l’intera attrezzatura e i natanti che vengono utilizzati dal diving. Sotto esame anche i protocolli che vengono adottate dagli istruttori durante i loro corsi agli allievi.
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