La Nuova Sardegna

Sassari

Bottidda, la fine di 1500 suini sani

di Francesco Bellu
Bottidda, la fine di 1500 suini sani

L’altro allevamento di Italpig non può essere alimentato. Sette licenziamenti

28 agosto 2012
4 MINUTI DI LETTURA





BOTTIDDA. L'aria alla "Tecnopig" non è delle migliori. Dopo l'abbattimento di 1600 maiali colpiti dalla peste suina africana rischia di andare a pezzi anche il resto dell'azienda. Cioè quegli oltre 1500 suini dislocati in un'altra area, fortunatamente non colpiti dalla malattia, ma che ora rischiano di morire per fame. Perché da ieri le ditte che forniscono i mangimi hanno chiuso le sacche: non arriverà più nessun rifornimento per gli animali per via del blocco della movimentazione. A questo si aggiunge un altro aspetto ancor più grave: a fine mese la decina di dipendenti che lavorano per Gianfranco Campagnani rimarranno senza lavoro. Anche questo è un "effetto collaterale" per colpa del virus. I maiali nella "Tecnopig" si sono dimezzati e il personale, che lavorava a pieno regime sino ad inizio di agosto, deve per forza di cose essere tagliato. Ma è una decisione sofferta, fatta controvoglia. Le alternative al momento sono ben poche: aspettare gli indennizzi e rimettersi in gioco da capo. Ma ci vuole tempo e pazienza.

«Rischiamo risvolti drammatici - ha spiegato il sindaco di Bottidda, Gavino Garau - sia di ordine pubblico, sia sanitario. Pensare di avere un’azienda con la presenza di centinaia di suini non alimentati ci preoccupa. La "Tecnopig" è situata a poche centinaia di metri dal centro abitato, e potrebbe subire conseguenze pericolosissime a livello di immagine e soprattutto a livello di vivibilità primaria». Per questo motivo sono stati attivati tutti i canali con gli organi regionali preposti per far sì che il problema possa essere affrontato con estrema urgenza, così da evitare che una vicenda tanto grave possa danneggiare la filiera suinicola dell’intero territorio regionale. Un paio di giorni fa l'amministrazione comunale aveva anche fatto visita all'azienda, il proprietario era anche pronto ad azioni eclatanti per evidenziare la gravità della sua situazione, mentre il consigliere regionale di Bottidda Daniele Cocco si era attivato per portare sul tavolo di viale Trento a Cagliari tutta la questione.

«Chiederò agli assessori all'Agricoltura e alla Sanità di venire qui per un sopralluogo. Devono vedere con i loro occhi cosa sta succedendo. È un dramma e bisogna fare qualcosa al più presto», aveva rimarcato. Il caso di Bottidda è grave: c'è il rischio che salti l'intero comparto suinicolo sardo con un danno economico devastante per l'Isola. Non è un caso che le associazioni categoria territoriali avevano parlato di "un golpe" al comparto zootecnico e la necessità di aprire un'unità di crisi permanente su questo territorio per monitorare, sensibilizzare gli allevatori e soprattutto fare prevenzione attraverso il blocco del pascolo brado che rimane una delle cause maggiori di diffusione della malattia.

I primi sintomi della peste suina africana erano comparsi all'improvviso all'inizio della settimana scorsa, quando 14 scrofe, sulle 600 presenti, erano morte in maniera inspiegabile. L’allevatore aveva avvertito subito i veterinari della Asl ed erano state avviate tutte le verifiche. Contemporaneamente il Servizio Veterinario aveva informato Ministero, Regione e Centro di Referenza Nazionale e aveva notificato il sequestro cautelativo dell’azienda al sindaco di Bottidda. Erano state subito avviate tutte le procedure di rito. Ma soprattutto era stata predisposta l'azione più dolorosa: l'abbattimento degli oltre 1600 maiali. Unica misura purtroppo necessaria per ridurre al minimo il contagio in un'area come il Goceano in cui si è riscontrato in questi mesi tutta una serie di focolai di peste suina africana.

Se da un lato è possibile che l'inasprirsi della peste suina africana sia dovuto a ripopolamenti irregolari e ad introduzioni fatte eludendo i controlli sanitari nelle zone già interessate dall’epidemia, dall'altro ci sono stati di recente dei casi "anomali" che hanno aperto interrogativi ben più inquietanti sulle modalità di diffusione della malattia in queste terre. Come quello dell'azienda di Frida, che è probabilmente di natura dolosa. Come quello della “Tecnopig” di Bottidda. Rimane, infatti, tutt'ora un mistero su come il virus possa essere penetrato in una delle aziende più controllate del nord Sardegna, mettendola praticamente al tappeto. Un fatto inspiegabile che lascia sul campo non solo maiali uccisi ma anche tante domande che devono avere al più presto una risposta. Soprattutto se si ritiene che la suinicoltura in Sardegna debba avere ancora un futuro.

In Primo Piano

Video

25 Aprile, a Cagliari un corteo di 20mila persone sfila per le vie della città

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative