La Nuova Sardegna

Sassari

Marea nera, i Comuni contro E.On

di Elena Laudante
Marea nera, i Comuni contro E.On

Sindaci di Sassari, Porto Torres, Sorso, pescatori e associazioni all’udienza sullo sversamento dell’11 gennaio 2011

10 ottobre 2012
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SASSARI. Due fori microscopici nella canala di un oleodotto e una “lesione” alla giuntura di una condotta interna. Brecce infinitesimali che potrebbero aver creato un danno difficile da quantificare per il litorale del Nord Sardegna, invaso nel 2011 dalla “marea nera”. Sta tutto qui il processo che verrà, molto probabilmente, sui vertici del colosso E.On, chiamato a rispondere dei 36mila litri di olio combustibile che l’11 gennaio 2011 si insinuò tra i flutti, forse aggredì i suoi pesci, per approdare con le note chiazze di catrame sulla spiaggia di Platamona. Contro quel nemico oscuro, la marea nera appunto, hanno chiesto di potersi costituire parte civile moltissime delle persone offese individuate dalla Procura, che ha sollecitato il processo per tre dirigenti di Fiumesanto.

Davanti al giudice dell’udienza preliminare ieri mattina si sono presentati legali di pescatori, cooperative, Comuni e Provincia di Sassari, convinti di essere stati danneggiati dallo sversamento causato, appunto, da due forellini nella canala principale di approvvigionamento di olio tra la centrale e la banchina portuale, “complice” - stando alle indagini dei magistrati - la rottura di una giuntura della condotta interna. Contro E.On e i suoi dirigenti imputati si sono presentate le amministrazioni di Sassari, Stintino, Porto Torres, Sorso, Santa Teresa di Gallura, Parco dell’Asinara, e poi il Comitato Tuteliamo il Golfo dell’Asinara (nato proprio all’indomani della fuoriuscita), diverse coop di pescatori ma anche singoli uomini di mare che avrebbero vista intaccata la qualità del pescato dopo gennaio 2011. E poi il Wwf e altre associazioni ambientaliste, alle quali la legge assegna la possibilità di partecipare a processi del genere perché rappresentano interessi comuni, cioè la tutela dell’ambiente. Per tutti questi soggetti, il prossimo 30 ottobre si apriranno le discussioni sulla richiesta di costituzione da parte dei legali Pierluigi Carta, Ivan Cermelli, Nicola Lucchi, Giuseppe Masala, Pina Zappetto, Francesco Carboni, Giampaolo Mura, Paolo Cosseddu e altri. Ieri il gup Carla Altieri ha infatti concesso del tempo alla difesa dei tre dirigenti, patrocinata dai legali Paolo Dell’Anno, Giuseppe Conti e Gianluigi Poddighe, per vagliare ogni istanza e poi, eventualmente, contestarla. Tra queste, non ci sono le richieste di costituzione del ministero dell’Ambiente, della Regione Sardegna o della Presidenza del Consiglio, che invece aveva voluto partecipare al processo sui cosiddetti “veleni di Porto Torres”, poi naufragato su una questione procedurale e tornato ai nastri di partenza, in Procura. Dopo l’ammissione delle parti civili, una ulteriore udienza preliminare - a porte chiuse - sarà dedicata alla discussione del pm Paolo Piras e dei difensori, quindi sarà la volta della decisione del gup: dovrà stabilire se gli elementi sin qui raccolti dal pm devono essere quantomeno vagliati da un tribunale, oppure meritano di infrangersi in un non luogo a procedere.

Imputati sono l’attuale direttore della centrale termoelettrica Marco Bertolino, 45 anni residente a Lodi, e poi Salvatore Signoriello, 60 anni, direttore a Fiume Santo - quando era ancora Endesa Italia Spa – tra marzo 2000 e luglio 2002, e Francesco Capriotti, 59 anni, al vertice dell’impianto allora Enelpower dal 2002 fino all’8 settembre 2004. A tutti e tre sono contestati i reati di crollo colposo (riferito alla rottura dell’oleodotto) e deturpamento delle bellezze naturali. Perché - stando alle indagini - nei rispettivi anni di direzione non avrebbero controllato a sufficienza l’oleodotto, composto di due parti: una esterna, la canala, risultata forata in due punti, presumibilmente - ne è certa almeno la difesa - a causa di un difetto di fabbrica; e una parte interna, la condotta, dove passa effettivamente il combustibile che sarebbe uscito da una giuntura rotta, e poi si sarebbe disperso in mare attraverso i due fori sovrastanti. A tutti si contesta di «non aver provveduto ai controlli, alla manutenzione e all’installazione di idonei strumenti sull’oleodotto di collegamento della centrale con la banchina portuale», in modo da causare lo sversamento durante l’approvvigionamento di combustibile dell’11 gennaio, proseguito fino al febbraio successivo. Nel dettaglio, Capriotti e Bertolino (sostiene il pm) non avrebbero rispettato quanto previsto dal verbale di collaudo.

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