La Nuova Sardegna

Sassari

Fotovoltaico: da Giave un secco «no»

di Emidio Muroni
Fotovoltaico: da Giave un secco «no»

Il consiglio comunale boccia il progetto della società Energo Green Renewebles per l’impianto solare termodinamico

14 ottobre 2012
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GIAVE. Un no secco è stato il risultato della votazione, per alzata di mano, richiesta dal sindaco Giuseppe Deiana, dopo l’ampia e articolata discussione, alla quale hanno partecipato diversi amministratori comunali, esperti, tecnici e l’architetto Luciano Virdis che, in rappresentanza della società Energo Green Renewebles, ha illustrato il progetto preliminare di un impianto solare termodinamico da 30 Mw, da realizzare nella pianura di Campu Giavesu.

Il progetto prevede la realizzazione di un impianto solare termodinamico a concentrazione da 30 Mw, su una superficie complessiva di 160 ettari, per la massima parte (145 ettari) in territorio di Cossoine e per la restante quota nel comune di Giave.

Un no chiaro e deciso alla realizzazione della struttura per la quale la società ha chiesto alla Regione l’attivazione della procedura di verifica e aperto il termine per le osservazioni e opposizioni, che dovrebbe scadere il prossimo giovedì 18. Alcune società ambientaliste come “Italia nostra”, “Amici della terra” e il “Gruppo d’intervento giuridico” hanno già chiesto all’ufficio Valutazione impatti della Regione (Savi) che l’impianto termodinamico solare a concentrazione sia considerato inammissibile o, in subordine, sia sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale.

Come nell’assemblea pubblica tenuta a Cossoine, ai primi d’agosto, anche in quest’occasione le motivazioni del rifiuto sono nate da considerazioni sostanzialmente di carattere operativo, di rispetto ambientale, di ritorno economico e di rispetto dell’identità e vocazione agricola di un territorio che custodisce una delle zone più interessanti, non solo sul piano prettamente agricolo ma anche per la presenza di numerosi siti di notevole valore archeologico.

In apertura di riunione il sindaco Giuseppe Deiana, dopo aver espresso chiaramente le proprie considerazioni in merito ad un’iniziativa che desta perplessità e dubbi sulla ricaduta sul territorio e fa invece pensare a un nuovo gravame che si vuole far cadere su un comunità che sta già soffrendo lo spopolamento, e con esso vede aumentare l’appetibilità dei suoi terreni, ha chiesto che si ritorni a parità di condizioni e che le società, prima degli interventi e non dopo come attualmente consentono le leggi nazionali e regionali, si sieda sul tavolo della discussione con le amministrazioni comunali. Anche il presidente dell’Unione dei Comuni, Salvatore Masia, ha chiesto che le possibilità decisionali sul territorio siano restituite agli amministratori locali.

«Non è possibile che ci troviamo a dover lottare per spostare una semplice finestra in facciata - ha osservato Masia -, mentre ci vengono calati dall’alto, senza poter far niente per evitarlo, progetti come quello in esame devastanti per il nostro territorio».

Il sindaco di Cossoine, Alfredo Unali, ha osservato che sull’argomento ci sono stati diversi incontri a livello di gruppo e consiglio ma è necessario riflettere, in particolare per il problema dell’approvvigionamento idrico e dell’Imu, prima di dare una risposta certa e definitiva, anche perché si hanno grosse difficoltà a individuare il gettito che potrebbe dare questo nuovo impianto. Di diverso tono l’intervento dei suoi paesani Mario Bonu e Lello Spanu che hanno rivendicato il rispetto dell’ambiente, della natura identitaria del territorio e chiesto la costituzione di un comitato per la soluzione del problema.

Sono intervenuti anche l’architetto Salvatore Manconi che ha auspicato «un freno a questo nuovo grave saccheggio della nostra terra, dove sono irrimediabilmente compromesse zone caratterizzate da produzioni di primaria importanza per la funzione agricola produttiva».

L’ingegnere Carlo Sotgiu, responsabile provinciale per l’ambiente del Pd, pur valutando positivamente la proposta tecnica ha ricordato l’impatto notevole ed evidente che lo stesso comporta su un territorio a vocazione chiaramente agricola per il quale si potrebbero trovare ben altre soluzioni operative.

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