La Nuova Sardegna

Sassari

L’ultima battaglia per il lavoro

di Gianni Bazzoni

A Fiume Santo la fase più critica della sua storia, al Petrolchimico lo sbarco delle imprese continentali

04 novembre 2012
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SASSARI. Saltano le ultime certezze. Imprese storiche che perdono appalti importanti al Petrolchimico di Porto Torres (gli ultimi rimasti nelle manutenzioni) a vantaggio di aziende sbarcate da Brindisi e che non dispongono di strutture e mezzi (tanto che hanno già sondato società del territorio in difficoltà per chiedere disponibilità di officine e servizi). E a Fiume Santo, il taglio progressivo nei programmi di manutenzione (che da sempre serviva per evitare le «rotture») - oltre a determinare incidenti gravi, come quello del serbatoio di acido cloridrico, ultimo di una lunga serie - sta mandano in scena un finale drammatico. La drastica riduzione degli occupati nelle imprese dell’indotto (annunciati un centinaio di licenziamenti nei prossimi giorni) sta portando verso una condizione di non ritorno. Nelle prossime ore il clima potrebbe diventare particolarmente caldo nel polo energetico del nord Sardegna: si dovrebbe parlare di crescita e sviluppo, investimenti e lavoro, invece l’unica linea che sembra passare - nell’indifferenza della Regione e del Governo nazionale, che pure sembra giustificare l’operato di E.On - è quella degli esuberi, dei tagli nei progetti per garantire sicurezza e tutela ambientale. Dopo i forti ridimensionamenti già attuati, le prospettive per il 2013 sembrano ancora più critiche: le imprese hanno avuto notizie di ulteriori riduzioni del 30 per cento nell’affidamento dei lavori di manutenzione. Il che equivale a ridimensionamenti sul fronte occupazionale, ed è incredibile che tutto questo accada in un polo energetico dove si registrano guadagni rilevanti e dove gli impegni assunti non vengono rispettati. Pur con la consapevolezza che da una simile situazione il territorio del nord Sardegna continua a subire danni gravissimi.

Natale caldo. Si preannuncia un Natale caldo, anche perchè quei segnali di ripresa annunciati non si sono visti. Anzi, la situazione è peggiorata e la crisi ha abbracciato con un effetto domino tutti i settori produttivi. Il territorio rischia la desertificazione e potrebbe arrivare alla seconda metà del 2013 - quando, si dice, si vedranno i primi bagliori di crescita - senza più forze per tentare una risalita.

Senza progetto. Il territorio non ha un progetto di sviluppo condiviso. La guerra tra poveri ha creato contrapposizioni assurde, la politica ha ottenuto l’effetto di dividere spesso il fronte e solo la ritrovata unità sindacale ha consentito a Cgil, Cisl e Uil di compiere il miracolo dello sciopero generale del 26 ottobre con 10mila persone in piazza.

Bonifiche e insediamenti. I progetti per il risanamento del territorio segnato dall’industria pesante e le iniziative per i nuovi insediamenti devono procedere di pari passo. L’errore più grave - persino auspicato da chi gioca contro - potrebbe essere quello di fermare tutto, chiudere i cancelli e aspettare le bonifiche. A porte chiuse niente sarà più attuale e così necessario. Nei giorni scorsi il presidente della Provincia Alessandra Giudici ha scritto al ministro dell’Ambiente Corrado Clini per chiedere spiegazioni. Soprattutto la verità sul perchè gli interventi per le bonifiche, già finanziati, sono ancora fermi al palo. Qual’è l’intoppo?

Una sola vertenza. Una battaglia per lo sviluppo e l’occupazione frantumata in una miriade di vertenze non ha alcuna possibilità di successo. Finora tutte le pratiche arrivate ai tavoli del confronto regionale e nazionale sono tornate indietro con perdite. Tutte, anche quelle che sembravano sostenute da conquiste certe, da intese siglate nelle sedi istituzionali. E anche i fondi europei sembrano annacquati da una marcia lenta, silenziosa e dispersiva che toglie ogni speranza.

Crollo verticale. La caduta libera rischia di trascinare via tutti. Nessuno può sentirsi al sicuro: i dati delle ultime settimane sono terribili. In tre anni la provincia di Sassari ha perso 7200 posti di lavoro solo nel settore delle Costruzioni - che era il polmone capace di dare respiro anche agli altri comparti - , su 66 Comuni il 70 per cento fa i conti con uno spopolamento aggressivo, l’agricoltura è indebitata a livelli paurosi e il 50 per cento delle imprese è sull’orlo della chiusura. Il quadro è completato dal record sulla disoccupazione giovanile e da numeri impressionanti nelle liste di cassintegrati e mobilità. Quanto si potrà resistere ancora?

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