La Nuova Sardegna

Sassari

«Carta non truffò Tusacciu, ma la Figc»

di Elena Laudante
«Carta non truffò Tusacciu, ma la Figc»

Il pm chiede la condanna a 20 mesi per l’ex patron. Non c’è però la prova che abbia raggirato l’altro imprenditore

07 novembre 2012
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SASSARI. «Nel corso del dibattimento non è emersa la prova, oltre il ragionevole dubbio, che Rinaldo Carta abbia truffato Edoardo Tusacciu» sulle reali perdite della Torres nel 2005. Con questa spiegazione la pubblica accusa al processo sui conti della squadra e la querelle con mister Plastwood non ammette l’esistenza di un raggiro, quantomeno di una prova certa, dell’ex presidente rossoblù a Tusacciu, nel passaggio di testimone dell’estate 2005. Ma è l’unica imputazione di Carta per la quale il pm Giovanni Porcheddu sollecita l’assoluzione. E con formula dubitativa: insufficienza di prove. Per il resto l’accusa resta convinta della colpevolezza del patron della Sisa in Sardegna e sollecita la condanna a 1 anno e 8 mesi per truffa alla Federazione italiana gioco calcio, infedeltà patrimoniale, false fatturazioni. Richiesta di condanna anche per l’allora vicepresidente Torre, Piero Mele, per il quale il pm ritiene giusta una condanna a 9 mesi per infedeltà patrimoniale e false fatturazioni; 8 mesi per l’altro vicepresidente, Massimo Balia, accusato solo di infedeltà patrimoniale. Le difese parleranno nell’udienza del 16 novembre, quando forse il collegio - presidente Pietro Fanile, a latere Elena Meloni e Salvatore Marinaro - emetterà sentenza.

Dopo il pm, ieri è stata anche la volta della Federazioni italiana gioco calcio, parte civile, che secondo la Procura è stata invece concretamente danneggiata dal comportamento di Carta. Per la Figc, l’avvocato Tiziana Parisi ha chiesto al Tribunale una provvisionale sul risarcimento, pur lasciandone ai giudici la quantificazione. Parola anche ai legali di Tusacciu, Marco Palmieri, e Plastwood, Anna Laura Vargiu. Quest’ultima ha indicato la provvisionale per il presunto danno patito dall’inventore dei giochi Geomag: «Oltre novecentomila euro - ha illustrato l’avvocato Vargiu - costituiti da 585mila euro pagati dalla Plastwood a Carta per l’acquisto del 18 per cento della Torres, più 370mila per stipendi di impiegati e calciatori». Nessuna cifra, invece, è indicata dall’avvocato Palmieri per quantificare il danno subito da Tusacciu, sebbene secondo il legale fu davvero truffato da Carta sullo stato dei conti della Polisportiva, e l’entità di un buco che Tusacciu ha sempre giurato di non conoscere. Entrambi hanno puntato solo contro l’ex patron Torres, sottolineando di voler escludere dal fronte delle controparti Mele e Balia. «Contro di loro non c’è alcuna prova di colpevolezza». Pm e parti civili, insomma, hanno tirato conclusioni in parte diverse al termine di un processo complesso e articolato, caratterizzato da alcuni dubbi di fondo, come l’entità del debito lasciato dalla gestione Carta a quella di Tusacciu: un buco che sarebbe alla base del raggiro ma che nessun perito super partes ha mai stabilito.

La requisitoria. Se il raggiro a Tusacciu resta coperto dunque da un cono d’ombra, il pm si dice certo, invece, che Carta abbia raggirato la Federazione con l’incasso di 6 assegni postdatati di «aspiranti soci» per 130 mila euro, versati sul conto Torres giusto il tempo di ottenere le contabili bancarie da inviare (inutilmente) alla Figc. Assegni che, dopo le emissioni delle contabili, furono stornati di nuovo, cioè “tornarono indietro”.

«È una truffa consumata - assicura il pm Porcheddu - e lo stesso Carta lo ha sostanzialmente ammesso in aula». Certa, per il pm, anche la responsabilità sulle fatture emesse dalla Polisportiva per le spese sostenute durante le trasferte per i tornei delle giovanili. «Pagavano i genitori dei giocatori - ha ricordato - ma fatturava Torres per aumentare elementi passivi fittizi». Infine, il presunto conflitto di interessi di Mele e Balia: da titolari delle società che di Torres erano sponsor - Autoprestige il primo e Sitek il secondo - avevano emesso fatture per sponsorizzazioni sportive. Ma poi, da soci della stessa Torres (qui il supposto conflitto) «avevano partecipato alla votazione per svalutare questi crediti».

Tusacciu. «Inizialmente, quello tra Tusacciu e Carta fu forse una sorta di patto tra gentiluomini, ma Tusacciu si fidò di Carta, ma in realtà l’allora presidente si voleva disfare della Torres», è la ricostruzione dell’avvocato Palmieri per spiegare come Tusacciu fosse «sotto pressione, molto esposto», e fu portato a versare «a Carta, non alla Torres, quasi 600mila euro». Il 16 le difese.

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