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Sassari

Firme per il «no» alle aperture festive

di Vannalisa Manca ; di Vannalisa Manca
Firme per il «no» alle aperture festive

Domenica banchetti nei sagrati delle chiese. Padre Paolo Atzei: «Pensiamo all’uomo, basta con il dio danaro»

21 novembre 2012
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SASSARI. Una firma per dire no all’apertura dei negozi nelle giornate domenicali e festive. L’iniziativa, stavolta, è di padre Paolo Atzei, l’arcivescovo di Sassari che invita per domenica prossima, i parroci a farsi promotori con i volontari per sistemare banchetti fuori dalle chiese, sui sagrati, per raccogliere le firme dei fedeli (e non solo) che vorranno aderire all’iniziativa del «no all’apertura dei centri commerciali durante le giornate festive e tantomeno nel giorno della festività della Natività di Nostro Signore».

Il giorno di Natale. L’arcivescovo, infatti, è rimasto molto colpito dalla notizia che qualche marchio della grande distribuzione organizzata ha “invitato-precettato” i propri dipendenti per lavorare nel giorno di Natale.

Un’idea che ha causato molto trambusto tra operatori e addetti vendite dei centri commerciali che, soprattutto nel mese di dicembre, quando generalmente il lavoro nei negozi è più faticoso di altri periodi, aspettano proprio le festività del 25 e 26 dicembre per tirare un sospiro di sollievo e trascorrere un po’ di intimità familiare. L’iniziativa del vescovo sembra abbastanza insolita e sicuramente farà discutere. Vuole creare un caso?

Vita comunitaria. «Non è una battaglia confessionale - dice padre Paolo -, ma civile, per l’uomo, per la sua dignità, per il suo diritto a una vita familiare più serena. Non ci può essere soltanto il dio commercio o il dio danaro. Ci sono gli affetti da coltivare, ci sono i figli, i genitori, gli anziani parenti, gli amici con i quali ci si ritrova proprio nell’occasione delle feste. La vita comunitaria - in cui esiste anche la fede cristiana o altre confessioni -, viene cancellata da feste depredate e scippate». Così il vescovo chiede alla gente di esprimersi con una firma; l’intento è di sensibilizzare l’opinione pubblica contro «questa liberalizzazione esasperata degli orari, che non favorisce nessuno. Chissà quali incassi pensano di fare a Natale che non farebbero in un’altra giornata feriale di dicembre. Non disumanizziamoci. Ricordiamo che si deve lavorare per vivere, non vivere per lavorare».

Più occupazione? Tanto più che, almeno stando ai dati statistici, la liberalizzazione degli orari commerciali, nata all’insegna della libera concorrenza, non ha creato più occupazione e anzi, qualche imprenditore comincia a dire (sottovoce) che la domenica si vede costretto ad aprire perchè «gli altri aprono, ma i guadagni domenicali non giustificano i costi». Ma nella grande distribuzione, la maggioranza continua ad affermare che ormai i consumatori frequentano le gallerie commerciali soprattutto durante le giornate di sabato e di domenica.

Il sindaco. «Avevamo avuto forti contrasti con la grande distribuzione - dice il sindaco Gianfranco Ganau, che sottoscrive il no all’apertura di Natale -, ma alla fine avevamo anche trovato il modo di pianificare le domeniche con un progetto di alternanza delle aperture domenicali che rispettava le esigenze dei centri commerciali e al contempo garantiva i centri commerciali naturali, cioè i negozi che operano all’interno del centro urbano. Al Tavolo avevamo studiato un piano funzionale, ma la legge sulle liberalizzazioni ha vanificato tutto».

All’epoca, il Comune, forte dell’intesa sottoscritta da tutte le parti (e studiata anche in vista della Ztl che sarebbe nata di lì a poco, il 21 marzo), ha immediatamente chiesto alla Regione di far leva sulla propria autonomia e competenza in materia di commercio, e di intervenire riportando ai Comuni le decisioni sugli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali. Ogni Comune - così come fino a quel momento era accaduto - poteva decidere sul calendario utilizzando lo strumento della concertazione; concordando, pertanto, con tutti i soggetti coinvolti, su questa materia che a Sassari continua a registrare contrasti, soprattutto rispetto al piccolo commercio che maggiormente soffre. «Ma da Cagliari non è mai arrivata alcuna risposta», dice Ganau.

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