La Nuova Sardegna

Sassari

Verdetti contesi, scoppia la pace giudiziaria

di Elena Laudante
Verdetti contesi, scoppia la pace giudiziaria

La Procura generale di Cagliari rivede la decisione di vistare tutte le sentenze del nord: solo reati gravi

12 dicembre 2012
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SASSARI. Il linguaggio felpato dell’ambiente giudiziario forse non consente di parlare di retromarcia. Ma dopo settimane di tensione strisciante, lo scontro tra Procura generale di Cagliari e avvocato generale di Sassari è rientrato. Almeno, a metà. Il pg Ettore Angioni ha rinunciato a visionare «tutte le sentenze» emesse dai giudici del nord Sardegna, limitando all’obbligo di trasmissione solo quelle su reati gravi, come l’omicidio o la corruzione. In questi casi, deciderà se impugnare o meno nel successivo grado, al di là di quanto deciso negli uffici di via Budapest. Per il resto, ed è questa la notizia, «rinuncia» alla facoltà.

È un compromesso giudiziario raggiunto dopo una telefonata tra Angioni e l’avvocato generale della sezione distaccata di Corte d’appello, Claudio Lo Curto, che sono arrivati ad una pace. Seppur freddina.

Il contendere non era da poco, e riguarda tutti i cittadini del nord giudicati in primo e secondo grado. A settembre il massimo esponente della magistratura requirente sarda, Angioni, aveva sollecitato l’invio delle sentenze emesse a Sassari, Nuoro e Tempio (competenza della Corte d’appello distaccata di Sassari) anche alla procura generale della Corte d’Appello, che ha sede, appunto, a Cagliari. Quei verdetti sarebbero stati sottoposti a un doppio vaglio per l’eventuale impugnazione nel successivo caso di giudizio. Li avrebbero valutati, cioè, sia il procuratore generale (del sud) sia l’avvocato generale (del nord). Circostanza unica in Italia.

Una decisione assunta sulla base della sentenza della Cassazione di giugno, sul sequestro di Titti Pinna, e perciò perfettamente coerente con l’ordinamento giudiziario. Una decisione che, però, aveva gettato nello scompiglio gli uffici giudiziari sassaresi, che per la prima volta da quando è nata la sezione distaccata (1992) erano stati chiamati a trasmettere due volte le sentenze di primo e secondo grado, un tempo inviate solo a Lo Curto. Era lui che le “vistava”, ne valutava l’opportunità di impugnativa. Così quando Angioni aveva informato i colleghi della sua decisione, a fine settembre, i magistrati del capo di sopra non l’avevano subita e avevano proposto alcuni quesiti al Consiglio Superiore della Magistratura, chiamato a dirimere una controversia spinosa: chi deve decidere, tra i magistrati di secondo grado di Sassari e quelli di Cagliari, se una sentenza è giusta o va appellata? In realtà, il quesito era stato posto in modo diverso, rispetto alla organizzazione del lavoro, perché comunicare due volte le sentenze - in Tribunale a Sassari, oltre 2000 l’anno - significa impegnare una mole di personale difficilmente compatibile con le continue ristrettezze di organico. Quello che non è scritto negli atti formali è il senso di scoramento che si era diffuso in qualche ufficio sassarese, che aveva interpretato quel gesto come una sorta di “commissariamento”. Avvenuto, in più, in un momento di revisione della geografia giudiziaria che avrebbe potuto anche eliminare la sezione distaccata dalla cartina ridisegnata dal Guardasigilli Severino.

Invece, a fine novembre, l’allarme è rientrato. Angioni ha scritto di nuovo e ha chiarito: non inviate tutte le sentenze, ma solo quelle che riguardano i reati sui quali indaga la Direzione distrettuale antimafia (sede a Cagliari), ad esempio il sequestro di persona a scopo di estorsione (come il caso Pinna, da cui tutto è partito), quelli da Corte d’assise e i più gravi delitti contro la pubblica amministrazione Su questi, resta la competenza del pg Angioni, che ha «rinunciato» invece a quella su crimini minori. In nome della pax giudiziaria.

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