La Nuova Sardegna

Sassari

Uffici, organici e bracci di ferro

Uffici, organici e bracci di ferro

In Procura mancano 4 pm su 9. E tra Cagliari e Sassari dodici mesi di tensioni

04 gennaio 2013
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SASSARI. In vent’anni, non era mai accaduto. Ma in pochi mesi, questo 2012 ha visto esplodere lo scontro tra uffici giudiziari di sud e nord Sardegna, in una contrapposizione che sembra ricalcare le ataviche diffidenze tra cagliaritani e sassaresi.

I dodici mesi passati saranno anche ricordati per il progressivo svuotamento della Procura di via Roma - in linea con quanto accade in tanti uffici simili d’Italia - che a breve toccherà il minimo storico di personale in toga: 5 sostituti procuratori su una pianta organica di 9. A fine dicembre il Consiglio superiore della magistratura ha deliberato il trasferimento di Roberta Pischedda, pm della Procura ordinaria, a quella presso il tribunale per i Minori, come da lei richiesto. La novità arriva alla fine di un anno che si era aperto con un altro trasloco, quello della collega Maria Grazia Genoese, passata a Cagliari. E poi a settembre al capoluogo è andato pure il pm Michele Incani, a Sassari da oltre 10 anni, divenuto sostituto procuratore generale in Corte d’Appello. Ma l’ultimo pm che lascia la Procura di Sassari è conteso tra i due uffici. Il procuratore Roberto Saieva ha chiesto al ministero della Giustizia il posticipato possesso, nella speranza che la Pischedda resti dov’è per almeno sei mesi, perché per un magistrato che va, non c’è nessuno che viene: i prossimi uditori potranno arrivare a gennaio 2014. Ma la richiesta opposta, cioè di anticipato possesso, l’ha fatta il suo omologo ai Minori, Elena Pitzorno, anche lei alle prese con carenze d’organico. Deciderà, entro metà gennaio, il dicastero di via Arenula.

Il braccio di ferro. In principio fu la sentenza d’assoluzione, emessa dalla Corte d’Appello di Sassari, per Natalino Barranca, il servo pastore di Sedilo, che secondo la Dda di Cagliari ha avuto un ruolo nella custodia di Titti Pinna, tenuto sotto sequestro nell’ovile di Salvatore Atzas (condanna definitiva a 30 anni). Ritenuto responsabile di concorso in sequestro in primo grado - inflitti 17 anni - Barranca era stato scagionato in Appello, nel gennaio 2011, su richiesta dello stesso avvocato generale Claudio Lo Curto, che della sezione distaccata di Corte d’appello è il più alto magistrato. Assoluzione che per i colleghi di Cagliari, invece, non rappresentava esito di giustizia. E allora appena depositate le motivazioni, il procuratore generale Ettore Angioni, da Cagliari, ha impugnato in Cassazione il verdetto emesso al “capo di sopra”. Ed è stata la prima volta, da quando la sezione distaccata esiste (1992), che il più alto rappresentante della magistratura requirente sarda, da Cagliari abbia esercitato la sua funzione nei confronti di un processo celebrato da colleghi do Sassari. Di più. Nel ritenere ammissibile il ricorso (e annullare l’assoluzione di Barranca), a giugno la Cassazione ha stabilito che l’avvocato generale è «alle dipendenze» del procuratore generale, in un rapporto paragonabile a quello tra il procuratore capo e l’aggiunto, nelle procure presso i tribunali. Ma l’effetto di quella decisione assunta a Roma (relatore era Piercamillo Davigo) è stato anche un altro. A ottobre il pg Angioni chiede ai tribunali del nord, nel circondario della sezione distaccata d’Appello, di inviare a Cagliari tutte le sentenze da vistare, cioè sulle quali gli inquirenti di secondo grado devono decidere per l’impugnazione o meno nel grado successivo. È un fatto senza precedenti, da molti interpretato come una sorta di commissariamento, oltre che atto di poco garbo giudiziario. I capi degli uffici sassaresi chiedono al Csm di dirimere la questione, ma a novembre Angioni fa una parziale marcia indietro e decide che farsi inviare solo le sentenze su reati di competenza della Direzione antimafia (come, appunto, il sequestro a scopo estorsivo), ma anche più gravi quali omicidio, corruzione, e in generale i più importanti casi che riguardano la pubblica amministrazione. I due magistrati, Angioni e Lo Curto, si scambiano una telefonata di cortesia. Ma il precedente ha lasciato il segno. (e.l.)

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