La Nuova Sardegna

Sassari

Giovani sardi, disoccupazione record

di Alfredo Franchini
Giovani sardi, disoccupazione record

L’Istat aggiorna i dati: l’isola perde posti di lavoro e non crea alternative. Medde (Cisl): «Siamo all’emergenza sociale»

09 gennaio 2013
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CAGLIARI. L’Istat ha aggiornato ieri i dati sulla disoccupazione: per i giovani è la strage degli innocenti.La percentuale nazionale (37%) è da record. Il fenomeno della non occupazione si è allargato in tutta Italia, (i lavoratori sono diminuiti), ma in Sardegna è il precipizio: nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni è disoccupato in media il 40 per cento dei sardi e oltre il 20 per cento nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni. Un dato terribile che dev’essere associato, per capire che cosa sta accadendo nell’isola, alla bassa scolarizzazione dei giovani e alla crescita del fenomeno di coloro che non studiano e non hanno occupazione, i Neet. Che fare? L’economista Gustavo Piga ha lanciato da tempo l’idea di stanziare una parte di risorse per un piano del lavoro che consenta ai giovani di prendere fiato, dar loro la possibilità di avvicinarsi al miraggio di un’occupazione.

Che fatica essere giovani sardi! Per molti studenti dei paesi s’inizia con l’affrontare la difficoltà del pendolarismo che porta i ragazzi a dover studiare in un bus, per via degli orari e spesso dei doppi turni scolastici. Poi chi riesce ad andare avanti nel corso degli studi si deve predisporre ad emigrare.

«Siamo all’emergenza sociale», afferma Mario Medde, segretario generale della Cisl sarda, «senza un ruolo attivo dello Stato e una maggiore efficacia della Regione la questione dell'isola è irrisolvibile e tenderà anzi a peggiorare».

Da diversi anni ormai, Cgil-Cisl e Uil considerano il lavoro come il problema dei problemi; una questione così urgente che richiede soluzioni degne di una politica di massa. «E’ davvero urgente risolvere il rapporto Stato-Regione rinegoziando il patto costituzionale attraverso un nuovo statuto», spiega Mario Medde, «solo così di può arrivare a un profondo cambiamento nelle istituzioni sarde e nelle politiche del lavoro e dello sviluppo».

«La crisi economica ha avuto un impatto devastante sul mercato del lavoro sardo», spiega Francesco Porcu, segretario della Cna, «dopo la ripresa dell'occupazione del 2011, nel 2012 il numero di occupati ha ripreso a scendere: circa tremila posti di lavoro in meno nella media dei primi tre trimestri dell'anno. E si deve considerare che il ricorso alla cassa integrazione, intensificatosi ancora, ha contribuito a mitigare gli effetti negativi della nuova crisi».

L’apparato industriale sardo è alle corde: crolla il manifatturiero, resistono solo, sia pure con grandi difficoltà, le piccole imprese e il sistema della cooperazione; condizioni che non possono favorire l’occupazione giovanile. Per la Banca d’Italia è allarmante il trend in Sardegna: «La quota dei Neet risulta maggiore tra i laureati con un’età tra i 25 e i 34 anni nell’isola è al 22,7 per cento, un valore superiore al dato medio nazionale», riporta l’ultimo studio di Bankitalia sulle regioni. Il dramma viene da lontano: tra il 2008 e il 2010 l’occupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni aveva subito una riduzione del 16%. Anno dopo anno, la tendenza non solo non s’inverte ma l’indicatore punta sempre più in basso. Ieri sera l’Istat ha precisato: non si può affermare che è disoccupato un giovane su tre. Questo perché «se un giovane è studente», riferisce l’Istat, «e non cerca attivamente un lavoro non è considerato tra le forze di lavoro, ma tra gli inattivi. Anche con questa interpretazione, non cambierebbe la sostanza e l’urgenza di arrivare al più presto a una soluzione.

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