La Nuova Sardegna

Sassari

Assunzioni, Ganau e Giudici a processo

di Elena Laudante
Assunzioni, Ganau e Giudici a processo

Sindaco, presidente della Provincia e rispettive giunte in aula per abuso d’ufficio per le nomine sospette di due dirigenti

30 gennaio 2013
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SASSARI. Non sono bastate le lunghe, dettagliate, arringhe difensive per diradare la nebbia sulle assunzioni di due dirigenti in Provincia e Comune, a cavallo di Natale 2007 con una certa urgenza e, per l’accusa, in barba ai sindacati. Ci vuole di più. Secondo il giudice dell’udienza preliminare, quella sequenza ravvicinata di delibere per attingere alla graduatoria di un vecchio concorso pubblico, senza prima accertarsi che non ci fossero richieste da parte di chi, già dirigente pubblico, era in mobilità, è procedura da scandagliare in un pubblico dibattimento. Che si aprirà il prossimo 8 maggio. Perché secondo la magistratura, sono tante le norme che sarebbero state violate per favorire i due assunti con «abuso dell’ufficio pubblico».

Il processo vedrà sul banco degli imputati i massimi amministratori del Sassarese, una parte importante del gruppo dirigente del Pd: il sindaco Gianfranco Ganau, il presidente della Provincia Alessandra Giudici (il primo accusato solo di abuso d’ufficio, la seconda pure di falso ideologico), imputati in concorso con gli assessori delle rispettive giunte e i dirigenti dei due enti che impostarono gli iter propedeutici alle assunzioni. In 23 sono stati rinviati a giudizio, poco prima delle 11 di ieri, quando il gup Antonello Spanu ha comunicato la decisione che accoglie la richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Porcheddu. E arriva al termine di un’udienza preliminare discussa quasi come un processo vero, con alcuni difensori che hanno sviscerato atto per atto, contestando in ogni punto il capo d’imputazione, per dimostrare che i politici hanno rispettato norme e contratti, e mai fornito alcun «vantaggio ingiusto» ai dirigenti assunti, Giuseppina Luglié per piazza d’Italia e Roberto Campus a Palazzo Ducale, sempre rimasti estranei all’inchiesta.

Alla decisione di assumerli si erano opposti tre dirigenti in servizio in altri enti, uno dei quali aveva effettivamente presentato domanda di mobilità e poi era finito alla Provincia di Olbia perché la sua richiesta non era stata valutata a Sassari. Dalla querela di un altro aspirante alla Provincia, Francesco Maria Nurra (rappresentato dall’avvocato Gianmarco Mura), era scattata l’inchiesta della magistratura, poi confluita nel rinvio a giudizio di ieri.

A partire dall’8 maggio i difensori degli imputati potranno dimostrare in aula, col confronto tra le parti, quanto sostenuto strenuamente finora. E cioè che la procedura adottata era completamente in linea con quanto inizialmente suggerito da una comunicazione del ministero della Funzione pubblica, e soprattutto era consentita dai contratti collettivi per dirigenti, diversi da quelli dell’intero pubblico impiego ai quali il pm si sarebbe riferito, oltre a una serie di norme che, secondo i difensori, dimostrerebbero l’assoluta buona fede degli imputati.

Ma come si diceva, il caso è complesso, perché il reato d’abuso d’ufficio prevede che l’amministratore violi alcune norme con la consapevolezza di farlo. E per ricostruirla, questa eventuale «consapevolezza», non ci vuole poco. Il capo d’accusa distingue le due operazioni avvenute quasi in contemporanea in Comune e Provincia. Tutti rispondono di abuso d’ufficio. Per attingere alla graduatoria del concorso del Comune (2002), il 27 dicembre 2007 la giunta provinciale adotta «in rapida successione» - nota il pm - tre delibere che servono a modificare il regolamento sulle risorse umane, rideterminare l’organico, programmare il fabbisogno per altri tre anni. Qualche giorno prima - il 19 dicembre - a Palazzo Ducale era stata approvata una modifica sull’utilizzo delle graduatorie “di altri enti” e si dava mandato al direttore generale di stipulare una convenzione con la Provincia. Poi, sempre il Comune il 28 delibera l’assunzione di un dirigente, ma saranno gli uffici a formalizzare i contratti. Dove la Procura vede il marcio? Anzitutto, la mancata verifica di altre richieste di dirigenti aspiranti a quei posti, e poi una urgenza formale ma non giustificata. A Giudici e agli assessori provinciali è contestato anche il falso ideologico, perché in una delibera c’è scritto che i sindacati erano stati informati a norma di legge, mentre quella comunicazione sarebbe avvenuta in modo «carente e incompleto». La difesa contesta il presupposto: il contratto citato non si applica ai dirigenti. Ma ormai è materia del processo.

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