La Nuova Sardegna

Sassari

Truffa ai danni della Brigata Sassari, l’ombra della tangente

di Elena Laudante
Truffa ai danni della Brigata Sassari, l’ombra della tangente

Dubbi sui 10.500 euro trovati in casa del colonnello indagato. L’officina di Castelsardo che ha eseguito i lavori sui mezzi con pezzi di ricambio taroccati avrebbe risparmiato 100mila euro

12 febbraio 2013
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SASSARI. L’ipotesi al vaglio degli inquirenti, e tutta ancora da accertare, è che un colonnello dell’Esercito di stanza a Cagliari sia andato fino a Castelsardo, dal meccanico dei mezzi destinati alla Brigata Sassari, per verificare le riparazioni prima di liquidarle. Il colonnello, per chiudere un occhio - ma finora, solo un sospetto - avrebbe intascato «denaro o altra utilità», recita il codice penale.

Com’era prevedibile, l’inchiesta della Procura di Sassari su una presunta truffa con pezzi di ricambio taroccati ai mezzi dei Dimonios - forse usati durante missioni all’estero, o in attesa di essere inviati - riserva nuovi sviluppi. Emergono ora i nomi dei cinque finiti sotto inchiesta. Sono il colonnello Orfeo Ruiu, 56 anni, nato a Olbia ma residente a Posada, capo del Servizio manutenzione mezzi dell’Esercito in Sardegna; e poi l’amministratore dell’officina, Enrico Finà, 58 anni di Castelsardo, seguito da suo fratello Giovanni Battista, 61 anni, che però non ha alcun ruolo formale nella compagine societaria, che invece sarebbe attribuito alla moglie Argenite Moroni, 52 anni di San Nicola la Strada (Caserta), e al figlio Roberto, 26 anni.

Le ipotesi di reato attribuite dal procuratore Roberto Saieva e dal sostituto Roberta Pischedda sono di concorso in corruzione e truffa aggravata, perché ai danni dello Stato. La prima ipotesi, va da sé, racconta di un supposto scambio di soldi o favori tra chi avrebbe dovuto liquidare le spese per le manutenzioni dei mezzi e chi quelle manutenzioni le avrebbe fatte - stando alle accuse - con pezzi non nuovi, o comunque diversi rispetto a quanto fatturato. Di qui la seconda contestazione ai Finà, quella del raggiro. Ma ora i militari al comando del maggiore Vincenzo Di Filippo devono anche “tracciare” il denaro contante trovato in casa del colonnello: 10.500 euro, per i quali lui avrebbe già dato una spiegazione. Ma che gli investigatori hanno comunque sequestrato quale corpo di reato. È facile intuire come quelle banconote siano in qualche modo associate al sospetto di un giro di mazzette. Impossibile però conoscere nel dettaglio i comportamenti finiti sotto la lente degli investigatori. Sebbene sia chiaro e ben definito invece il periodo cui i reati fanno riferimento: è un arco temporale che inizia il 21 febbraio 2012 e terminerebbe il 16 aprile 2012, date che potrebbero coincidere con gli incontri tra alcuni indagati o con la consegna di qualche mezzo. Sull’inchiesta le bocche sono cucite, soprattutto perché la scorsa settimana i 26 mezzi sigillati - 3 dei quali trovati ancora nel capannone dei Finà - sono stati sottoposti a sequestro probatorio. Vuol dire che gli accertamenti sono iniziati da poco, giusto il tempo di trovare riscontri alla denuncia presentata in Procura a metà dello scorso anno. L’inchiesta infatti ha preso le mosse proprio da un esposto firmato, e ricco di particolari, che si sarebbe rivelato attendibile. E da qui si parte per entrare nella seconda fase, che punta a scoprire anche se all’interno dell’Esercito ci siano state altre presunte connivenze. Brigata ed Esercito si sono dette comunque estranee ai fatti, e pronte a collaborare con la magistratura. Ora gli inquirenti vogliono mettere un punto fermo a quanto raccolto, con una sorta di certificazione sui pezzi di ricambio. Secondo la magistratura, l’officina che opera in convenzione con i militari avrebbe svolto operazioni fittizie impiegando pezzi di ricambio «usati - spiega la Finanza - ovvero rettificando e riverniciando quelli già esistenti». Insomma, una fregatura, con conseguente vantaggio fiscale per i Finà che, stando alle indagini, avrebbero “risparmiato” circa 100mila euro. Ma per stabilire se realmente camion e fuoristrada da pattugliamento sono stati taroccati, il pm nominerà due esperti, Roberto Sanna e Massimiliano Sanna, per accertamenti tecnici sui mezzi militari, che inizieranno a metà febbraio. Anche i Finà, difesi dall’avvocato Lorenzo Galisai, potranno nominare un loro consulente di fiducia. E tentare la strada della richiesta di dissequestro dei loro pc al tribunale del Riesame.

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