La Nuova Sardegna

Sassari

Muore povero e solo Mario Altana, il Carnera sardo

di Gianni Bazzoni
Muore povero e solo Mario Altana, il Carnera sardo

Porto Torres: aveva 76 anni, stroncato da un infarto. Campione e attore negli anni Sessanta, poi una vita difficile

22 febbraio 2013
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PORTO TORRES. Niente applausi, luci spente e un silenzio che durava da giorni. Mario Altana, 76 anni, campione del pugilato sardo è stato trovato morto - nella tarda mattinata di ieri - nella sua casa popolare, nel quartiere Satellite, alla periferia della città. L’ha stroncato un infarto, era solo come troppo spesso capita a chi ha dato tanto e ricevuto poco in cambio. I vigili del fuoco sono entrati da una finestra perchè era stata segnalata una fuga di gas, invece hanno scoperto il corpo senza vita del «bombardiere» turritano. Uno dei mediomassimi più conosciuti, il gigante definito il «Carnera sardo» che il pubblicitario Gavino Sanna avrebbe voluto «come angelo custode». Se n’è andato così «SuperMario», senza dare troppi pensieri agli altri.

Fisico scultoreo e viso d’attore (che gli erano valsi anche qualche passaggio in film con personaggi famosi), Mario Altana è uno degli ultimi pezzi della storia del pugilato sardo degli Anni Sessanta che lasciano la scena. Allievo di un altro personaggio come «Baciccia» Martellini, in realtà non aveva questa grande passione per la boxe. Sul ring c’era finito per necessità.

«Volevo diventare un campione di nuoto, il pugilato non mi piaceva – aveva raccontato tempo fa riavvolgendo il nastro della sua vita, segnata da tanta tristezza e qualche dramma di troppo –. Avevo cominciato per gioco, poi c’ero rimasto per orgoglio, per combattere contro chi lanciava sfide vantandosi di essere chissà chi. Tornando indietro non rifarei il pugile, a me piaceva nuotare, ero bravo nello stile libero».

Trentadue combattimenti da professionista, 28 vinti (di cui 11 prima del limite), solo quattro sconfitte per via di quella «mascella debole» che gli aveva precluso anche la conquista del titolo italiano di categoria che nella prima metà degli Anni Sessanta era saldamente nelle mani di Piero Del Papa.

Il «bombardiere» faceva male con quelle mani di pietra: se lo ricordano sui ring di Milano, Modena, Roma, Bologna, Sassari, Cagliari, Alghero e Porto Torres. Ma anche in Spagna e nelle principali città d’Europa. Berti, Imbastoni, Roland, Vari, Brunetti, Camponeschi, Luis Vincente, Garcia Hidalgo, Daniel Charpenter e Moriggi: questi i nomi di avversari che avevano dovuto cedere il passo a Mario Altana.

L’album dei ricordi lo custodiva gelosamente, lo commentava solo con pochi amici. Lo apriva e lo sfogliava lentamente, e il gigante buono riusciva ancora a commuoversi. Le immagini sul ring, quelle dei suoi due bambini scomparsi troppo presto, i matrimoni andati male. Lo «zio Mario» aveva cominciato a fare autocritica da grande, non per paura perchè non sapeva neppure cosa fosse. A 62 anni, dopo avere dato tanto allo sport, si era trovato disoccupato e senza pensione, a metà del guado. Ventiquattro anni di lavoro, prima come precario al Comune, poi alle dipendenze di imprese che effettuavano le pulizie per conto dell’ente pubblico. Lo accompagnava una dolce malinconia, e quando in uno degli ultimi incarichi si occupava delle pulizie al mercato civico di viale delle Vigne, per affrontare quei corridoi così ampi si era costruito uno strofinaccio gigante (cucito con le sue mani) che solo la sua forza poteva permettere di trascinare. Quando gli comunicarono che avrebbe dovuto proseguire il rapporto di lavoro, occupato solo due ore al giorno, lui se ne andò indignato. «SuperMario» finì a lavorare di notte, nei night. Alla sua età quelli che come lui avevano cominciato a faticare da ragazzini al porto, se ne stavano a casa a dormire e riposare. Lo «zio Mario», non poteva. C’era qualcosa di negativo che centrifugava in continuazione la sua vita. Per guadagnarsi da vivere ha lavorato di notte, dove c’era bisogno di qualcuno che sapesse risolvere i problemi senza fare danni. Ogni tanto qualcuno dimenticava di avere a che fare con «SuperMario» ed erano dolori. Mario Altana era stato anche pescatore subacqueo, quando la disperazione ha trasformato tanti disoccupati in cercatori di datteri di mare. Un lavoro disumano, logorante, senza prezzo. «Non me ne vergogno – raccontò – io non sono mai andato a rubare, sempre avanti con le mie mani». Quelle mani grandi che, negli ultimi anni, aveva utilizzato anche per dipingere. Il «naif del ring» i quadri li ha regalati o venduti a prezzi stracciati: immagini di pescatori e di uomini di sport. Come lui, «angelo custode» forte ma non violento. Lo «zio Mario» lascia la bici, può sognare di tornare a nuotare.

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