La Nuova Sardegna

Sassari

Dai bei voti a scuola all’accusa di tentato omicidio

di Gianni Bazzoni
Dai bei voti a scuola all’accusa di tentato omicidio

Il dramma della famiglia il diciannovenne arrestato a Sassari perché sospettato di avere accoltellato il titolare di un sex shop. Consegnato alla polizia dai genitori: "Va salvato da se stesso"

28 marzo 2013
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SASSARI. La droga sintetica, quella che costa poco e distrugge tutto, si prende tuo figlio e lo trasforma in un essere che non riconosci più. Aggressivo, violento, incontenibile, con una forza che non può essere umana. Spacca porte e arredi per un niente, poi torna silenzioso, come una bestia feroce che si addormenta in attesa del nuovo round. E un giorno scopri che quel ragazzo che andava a scuola fino a un anno fa e collezionava bei voti, è accusato di avere impugnato un coltello - magari preso dalla cucina di casa - e di avere colpito più volte un commerciante, fino a rischiare di ucciderlo. Senza un perché, senza neppure ipotizzare una rapina per avere dei soldi sporchi di sangue in tasca.

Un lampo di follia, scena da Arancia Meccanica, quella di sabato mattina in Largo Macao, al sexy-shop. Le indagini degli investigatori della squadra mobile della questura di Sassari hanno portato a un incensurato. È stato sottoposto a fermo di polizia giudiziaria con l’accusa di tentato omicidio. Ora è in carcere, entro 48 ore il provvedimento dovrà essere confermato dal gip.

Le coltellate inferte a Luigi D’Arcangelo, il titolare del Punto Video Rosso, sono gravi, ma il commerciante pugliese - che resta ricoverato in rianimazione - non è più in pericolo di vita.

La pista. Sono stati i genitori del ragazzo a fornire un elemento fondamentale che ha indirizzato la polizia su una pista precisa: padre e madre - dentista lui, insegnante lei - hanno scoperto nella camera del figlio un giubbino sporco di sangue. Hanno visto che il ragazzo aveva delle ferite. Ci hanno messo un attimo a decidere: «Andiamo alla polizia».

In questura. Alle 21.15 di martedì si sono presentati in questura, hanno incontrato due agenti delle volanti che li hanno indirizzati dal dirigente della squadra mobile Bibiana Pala. Hanno raccontato i tormenti di un anno drammatico, il sospetto che Guido faccia uso di droghe. E hanno espresso la paura che dietro a quel giubbino macchiato di sangue potesse esserci qualcosa di grave. Così hanno chiesto di capire, senza vergogna e con una straordinaria dignità, con la forza di chi - di fronte a una tragedia che si può solo immaginare - gioca tutto per cercare di salvare un ragazzo che viaggia come una scheggia impazzita. No, non è un tradimento, ma è una decisione che costa tanto. E chi non è genitore non potrà mai capire.

La svolta. Il capo della Mobile si consulta con i suoi collaboratori, con l’ispettore Salvatore Bacchiddu che guida la sezione Reati contro le persone. E ci mette poco a stabilire che il giubbino è troppo simile a quello indossato dal giovane che sabato mattina, alle 11, ha aggredito e ferito gravemente a coltellate Luigi D’Arcangelo nel sexy-shop di Largo Macao. Decidono di andare a sentirlo.

Le ricerche. Quando i genitori arrivano in questura, il figlio non è a casa. La polizia compie un giro in città, nei luoghi abitualmente frequentati. Ma non si trova. E quando si presentano nell’abitazione di famiglia, alla periferia della città, il diciannovenne è già rientrato. Scattano le perquisizioni, vengono raccolti elementi utili per dare una svolta alle indagini e che sembrano confermare alcuni particolari già esaltati dalle immagini del sistema di video sorveglianza del negozio. Il ragazzo è accompagnato in questura.

Assente. Silenzio, sguardo perso nel vuoto. Ma anche reazioni scontrose, fino al tentativo di fuga dagli uffici della questura, prontamente bloccato dagli agenti.risponde con mezze frasi, non parla mai dell’aggressione, non ha una giustificazione per quel giubbino sporco di sangue, per le ferite ancora fresche. Sembra tutto scontato, quasi fuori dal mondo. Tanto da non considerare una cosa utile dare una spiegazione agli investigatori. Poco dopo la mezzanotte scatta il fermo di polizia giudiziaria d’intesa con il sostituto procuratore Elisa Loris. A quel punto Guido Cadoni intuisce che per la prima volta nella sua vita si apre un altro mondo, quello del carcere. È lì che sarà sentito nelle prossime ore e gli verrà contestato il reato di tentato omicidio.

Droga e follia. Una analisi logica non è possibile. Come si fa a tracciare il passaggio di un ragazzo dalla normalità all’inferno? Come si fa a raccontare che un figlio cambia con il passare dei giorni fino a diventare un qualcosa senza forma e senz’anima, un diavolo che reagisce a qualcunque cosa - anche la più banale - con violenza e distruzione? Dietro c’è la droga. La storia  non è differente da molte altre della «generazione E», quella dell’ecstasy che brucia il cervello e che stravolge la vita di ragazzi tra i 17 e i 25 anni. Un bicchiere, una dose e una ragazza: giovani e giovanissimi “affratellati” nella religione delle droghe sintetiche, un business senza frontiere dove loro sono le vittime. E - in un momento qualsiasi - vengono trasformati in mostri che possono persino uccidere. Dieci o dodici euro per pastiglie che ti fanno crescere con una musica che ti rimbomba in testa, che non ti fa più pensare. Ogni droga ha la sua musica e ogni generazione sceglie da chi farsi accompagnare in quel viaggio che spazza via tutti i valori. Forse da un anno Guido era diventato uno dei passeggeri.

Il raptus. Perché il ragazzo ha quasi sgozzato il commerciante del sexy-shop? Non c’è una motivazione: le immagini registrate dalle telecamere consegnano un film dell’orrore. Si vede un cliente che entra, occhiali da sole scaldacollo , quasi non si riconosce. Fa un giro, prende un oggetto, poi un Dvd. Quindi si dirige verso la cassa, si infila la mano in tasca come per pagare il conto. Luigi D’Arcangelo si volta verso il registratore di cassa. Il giovane passa alle spalle, lo blocca con la mano sinistra, nella destra ha il coltello da cucina. Lo colpisce con violenza al collo. L’uomo riesce a girarsi, ne nasce una colluttazione , calci e pugni. La catenina cade a terra, ma non era l’obiettivo del cliente. Altre due coltellate, una devastante alla gola. Poi la fuga a piedi. Senza una parola.

Solo un precedente. L’estate scorsa era stato denunciato dalla polizia municipale per resistenza dopo il danneggiamento a bordo di un autobus. Sembrava un fatto banale, allora. Invece era l’ennesimo campanello d’allarme.

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