La Nuova Sardegna

Sassari

Termodinamico, la Sunwise ci riprova

di Emidio Muroni
Termodinamico, la Sunwise ci riprova

La Energogreen ripropone il progetto per un impianto che occuperebbe 235 ettari tra Bonorva e Giave e i paesi si ribellano

06 aprile 2013
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BONORVA. La Sunwise capital lt (Energogreen Re-newables), una società londinese con sede secondaria a Macomer, in seguito alle richieste d’integrazione ricevute dal Savi regionale, ha replicato la richiesta di costruzione di un impianto solare termodinamico della potenza di circa 50 Mwe da realizzare su oltre 235 ettari di terreno agrario. Circa la metà si trova nel territorio di Bonorva, di questi circa 20 ettari sono di proprietà del Comune, e la restante parte in quello di Giave. I termini per la presentazione alla Savi delle osservazioni, e contestazioni, sono slittati ma, da qualche tempo, sia l’amministrazione comunale sia numerosi gruppi ambientalisti sin sono mossi per evitare che ben 235 ettari di terreno, da sempre votati all’agricoltura, vadano distrutti da una miriade di tubi, palificazioni e strutture a sostegno di specchi e collettori parabolici lineari, sistemati in file parallele e contigue, per un’altezza di circa 6, 5 metri. Dopo il netto rifiuto da parte degli abitanti di Giave e Cossoine, la società pare abbia spostato la propria attenzione su Bonorva che ha già espresso la propria contrarietà all’allocazione di un simile mostro di ferro, lamiere e specchi che stravolgerebbe l’habitat e creerebbe non pochi problemi alla so- pravivenza della caratteristica flora e fauna locale ed avvallerebbe una scelta non condivisa dalla popolazione, che ha il diritto di poter utilizzare la propria terra che per secoli, con l’abbondante produzione di cereali, ha rappresentato la fonte principale di sussistenza della popolazione. Secondo il parere degli esperti e della popolazione la piana di Bonorva, che presenta diversi ettari di terreno coltivati regolarmente, sarebbe danneggiata in modo tremendo, e forse irreversibile, dalla realizzazione di un sistema sicuramente moderno ma ad altissimo impatto ambientale, capace di oscurare e distruggere quanto di bello e monumentale ha costruito la natura e, in tanti secoli di storia del territorio, vi hanno realizzato i nostri avi. I circa settanta nuraghi, fra i quali quello di Sant’Antine, il più interessante della Sardegna, sono stati costruiti proprio all’interno del sito preso di mira per fini che sembrerebbero di pura speculazione. Le tombe ipogeiche, le tombe dei giganti, le mura megalitiche, le fonti sacre, e con esse le stupende colline ed i boschi che, come a Mariani, circondano la pianura e dove nidificano le aquile reali, rischiano di essere cancellate da una realtà che non appartiene al territorio agrario che di tutto ha bisogno, fuorché di essere sfruttato e devastato dall’imposizione di strutture gigantesche, simili più a mostri di ferro che a elementi di produttività. L’amministrazione comunale sta seguendo con attenzione l’iter della richiesta contro la quale ha già predisposto un argomentato ricorso, a difesa della “Valle dei Nuraghi” per la cui valorizzazione anche la Regione ha investito diversi milioni di euro. In merito l’onorevole Efisio Planetta ha già presentato un’interpellanza al presidente della giunta Regionale nella quale, dopo aver paventato «una pesante ed incontrollata aggressione speculativa da parte della società Energogreen Renewables Srl, ai danni del territorio sardo», chiede un’azione di «adeguata tutela dell’ambiente e del diritto delle popolazioni interessate a preservare e decidere sul futuro del proprio territorio».

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