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Napolitano ai partiti: "Voi sordi e sterili"

Napolitano ai partiti: "Voi sordi e sterili"

L'avvertimento: subito un governo o "ne trarrò le conseguenze". Oggi consultazioni lampo, già domani l'incarico

23 aprile 2013
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di Gabriele Rizzardi

ROMA. Si commuove fino quasi alle lacrime per una rielezione che ha il sapore di un plebiscito e bacchetta i partiti che con le loro «contrapposizioni, lentezze, esitazioni e tatticismi» non sono stati capaci di eleggere il suo successore né di dare un governo al paese. E’ un Giorgio Napolitano visibilmente commosso e stanco ma deciso ad esercitare fino in fondo il ruolo di “grande regista” quello che alle 17 in punto entra nell’aula di Montecitorio, strapiena di deputati e senatori, per giurare sulla Costituzione fedeltà alla Repubblica e leggere un durissimo ed eccezionale discorso al Parlamento. Un discorso nel quale ricorda che era pronto a tornare alla vita privata ma è stato rieletto a causa di «guasti e irresponsabilità altrui». E che contiene anche un secco aut aut ai partiti accompagnato dall’avvertimento che se continueranno a rifiutare le larghe intese o a rinviare riforme indispensabili, per le quali vale il lavoro fatto dai 10 “saggi”, lui questa volta se ne andrà davvero oppure scioglierà le Camere e spingerà il paese a nuove elezioni: «Ho il dovere di essere franco. Se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese».

Napolitano, che è il dodicesimo presidente della Repubblica, comincerà oggi le consultazioni al Quirinale e già domani potrebbe assegnare (a Giuliano Amato o Enrico Letta?) l’incarico di formare il nuovo governo. Si farà il governo del presidente? «Farò ciò che mi compete, non andando oltre i limiti del mio ruolo costituzionale, fungendo tutt’al più da fattore di coagulazione».

Dopo i ringraziamenti di rito per una lunga serie di standing ovation che vedono protagonisti gli esponenti di tutti i partiti tranne il M5S , il vecchio e nuovo presidente va subito al cuore del problema. Chiede che si dia una risposta al dramma dei senza lavoro, che è la vera «emergenza», ed elenca tutta una serie di riforme mancate, a cominciare dall’«imperdonabile» decisione di non modificare la legge elettorale e fa capire che, per quanto riguarda la formazione del governo, ora sarà lui a dare le carte.

«A 56 giorni dalle elezioni politiche, si deve senza indugio procedere alla formazione del governo. E poiché non c’è partito o coalizione che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze, c’è tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far crescere e per far vivere oggi un governo in Italia. Anche perché» fa notare il presidente «non c’è oggi in Europa nessun paese di consolidata tradizione democratica governato da un solo partito, nemmeno più il Regno Unito». Il Pd, insomma, non potrà boicottare un governo di larghe intese che dovrebbe nascere senza una scadenza già fissata. Parole che mandano in visibilio Silvio Berlusconi, grande fautore del governissimo, ma lasciano interdetto Pier Luigi Bersani al quale non sono sfuggiti un paio di passaggi che sembravano cuciti addosso al suo partito.

La prima volta quando Napolitano ha definito «regressione» il fatto che «si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse. Gelo e smarrimento nei banchi dei democratici si è diffuso anche quando, dopo il monito sulla «mancata revisione» della legge elettorale, Napolitano ha ricordato che il Porcellum «ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell’abnorme premio (di maggioranza n.d.r.) il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare».

Napolitano si rivolge anche ai 5 Stelle e a Grillo, al quale ricorda che il web non è tutto e che la democrazia si regge sul sistema dei tanto vituperati partiti. «La rete fornisce accessi preziosi alla politica e anche stimoli all’aggregazione e manifestazione di consensi e dissensi ma non c’è partecipazione realmente democratica e rappresentativa senza il tramite dei partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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