La Nuova Sardegna

Sassari

Pd senza identità, in attesa del congresso

di Luigi Soriga
Pd senza identità, in attesa del congresso

Insulti e sfiducia da parte degli elettori su Facebook, molti politici vogliono un reset dei dirigenti e regole democratiche

24 aprile 2013
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SASSARI. Osservare l’immenso sfascio nazionale, per il Pd sassarese, è stato come guardarsi in uno specchio più grande. Stessa fisionomia e stessi difetti. Un’immagine sdoppiata in tanti volti diversi, e mai un partito dall’espressione forte e univoca. Lo smottamento dalla Penisola si sente eccome, e le scosse sismiche si avvertiranno dalle prossime settimane, man mano che il congresso regionale si farà più imminente. Per ora ci pensa la base, sui social network e anche faccia a faccia e a muso duro, a rovesciare addosso al Pd rabbia e delusione e insulti.

La sensazione è questa: il partito è arrivato davvero a un bivio: o cambia o è spacciato.

A Sassari, come altrove, il Pd è stato concepito con un peccato originale, che ha sempre pagato a carissimo prezzo: è nato come una sommatoria di correnti. Queste anime, secondo i buoni propositi, avrebbero dovuto dissolversi e poi rimescolarsi nel sangue del nuovo partito. Invece si sono raggrumate come famiglie dentro un condominio più grande. E niente è cambiato. Insomma, le stesse dinamiche che si sono viste per l’attuale elezione del Capo dello Stato, con veti incrociati, franchi tiratori e colpi bassi, si presentano puntualmente in città quando ci sono in ballo nomine e fette di potere da spartire. Dice il sindaco Ganau: «Io non sono mai stato contro le correnti all’interno di un partito. A patto che esse siano espressione di un’idea e di una posizione politica. Il problema è che a Sassari non è così: le correnti rappresentano persone, non si confrontano, e non arricchiscono il dibattito interno». Si parla di capibastone storici, come Spissu-Lai, Dettori-Manca, o Giagu, ai quali ora si affiancano altri gruppi che fanno riferimento a Melis-Demontis, oppure a Bruno-Spanedda, o a Lotto. E’ un mosaico frastagliato, che in vari frangenti resta saldo grazie a collanti provvisori: uno di questi è stato Renato Soru, un altro è stato Bersani. Adesso però, dopo le dimissioni del segretario nazionale, il Pd locale ha tutti i suoi nervi scoperti. «E’ molto difficile scardinare il sistema delle correnti – dice Ganau – io ci ho provato, sono stato attaccato da tutte le parti e alla fine ti ritrovi solo. Governare diventa impossibile. Avevo proposto una mozione contro le correnti. Il risultato è stato stupefacente». La mozione è stata votata all’unanimità e dunque annacquata e addomesticata. Certo è che, se il partito dovesse risorgere sulle stesse basi e sulle stesse fratture, non farà molta strada. «Non so quanto una resa dei conti – dice Ganau – possa servire in questo momento. Si arriverebbe a una guerra dove vince chi ha più numeri. Allora prevarrebbe solo la corrente più forte». Ed eccolo il secondo nodo da sciogliere, emerso prepotentemente nelle recenti riunioni di partito, e sul quale battono molti consiglieri: «Bisogna cambiare le regole – dicono Demontis, Mameli e Campus – non si può andare a un congresso con la logica che decide tutto chi ha più tessere». Questa è l’impostazione partitica della gestione Bersani, che alla lunga si è rivelata perdente, proprio perché soffoca il rinnovamento e la partecipazione. «I signori delle tessere devono farsi da parte», dice Gianpaolo Mameli . «Le primarie devono essere aperte – dice Salvatore Demontis – i tesserati devono ricoprire un ruolo amatoriale, ma il partito deve essere dei cittadini, che con le loro scelte e i loro voti prendono le decisioni». La volontà degli elettori tradita come nel caso delle ultime primarie (inserire un socialista sconosciuto come Lello di Gioia, riciclare un politico di lungo corso come Luigi Manconi e far fuori uno che ha preso tante preferenze come Gavino Manca), è un’operazione che crea distanza con la base. Così come quando il partito fagocita enti e occupa lo Stato: «I politici devono stare alla larga dalle poltrone degli enti – dice Gianpaolo Mameli – le nomine di Cabras alla presidenza del Banco di Sardegna, o quella di Angela Mameli al Comitato del Banco, non fanno bene all’immagine del Pd». Proprio per contestare scelte come questa, il consigliere comunale Simone Campus si è autosospeso dal partito. Invece il renziano Pingerna, dopo che Marini era stato indicato per il Quirinale, ha stracciato la sua tessera in diretta su Youtube. Poi Marini è finito impallinato dai fanchi tiratori, un po’ come Pingerna, nel suo piccolo, nella corsa a segretario cittadino. E quel tesoro di voti incarnato dal popolo delle primarie, lo stesso disposto a versare due euro, per buona parte è già dilapidato. Tutti aspettano una scossa positiva dal prossimo congresso. Molti vorrebbero un azzeramento dei vertici regionali, comprese le dimissioni di Silvio Lai. Questa potrebbe essere una ripartenza, ma anche lo scollamento definitivo. Lo scenario più plausibile è un riposizionamento delle correnti sulla base dei futuri assetti nazionali: ci sarà un Pd che seguirà Renzi nella sua deriva centrista, e ce ne sarà un altro che seguirà Barca, nella sua svolta a sinistra.

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