La Nuova Sardegna

Sassari

Una speranza per gli occhi di Valentina

di Luigi Soriga
Una speranza per gli occhi di Valentina

L’Aou pagherà le spese per il trasferimento in un centro di Milano per la diciannovenne di Santa Maria Coghinas

05 maggio 2013
3 MINUTI DI LETTURA





SANTA MARIA COGHINAS. Quando allunghi la mano per salutarla, manca la presa. Tiene gli occhi bassi, il capo chino e lievemente sbilenco, non riesce a tenere il collo dritto, non prova nemmeno a guardarti. Dice: «Presente un’arancia? La tagli a metà, poi la tagli ancora in quattro, e infine togli uno spicchio: quello spazio vuoto è ciò che resta della mia vista, un piccolo spiraglio di luce dentro il buio». E’ come osservare il mondo sempre attraverso il buco della serratura, ma con la paura che quella porta non si possa spalancare mai più.

Valentina Dettori ha diciannove anni e sino a quattro mesi fa poteva contare su due scanner da dieci decimi, grandi, neri ed espressivi. Poi è inciampata in una scalinata, ha battuto la testa, e un velo nero è calato davanti a sè.

Proprio ieri per la ragazza si è aperta una piccola breccia: non un fatto di diottrie, ma di speranza. La dirigenza dell’Azienda ospedaliera universitaria si è detta disponibile, nel caso la famiglia volesse rivolgersi per un consulto in un centro specializzato del Continente, a sostenere le spese. «Qui i medici hanno fatto tutti gli accertamenti possibili – dice il direttore Sandro Cattani – hanno seguito il caso con grande scrupolo, in presenza di un quadro clinico molto complesso». Alla fine, nel foglio di dimissione, alla voce diagnosi c’è scritto: «Neurite ottica non specificata». Cioè un’infiammazione al nervo ottico causata dal trauma cranico riportato a seguito della caduta. Risonanza magnetica, tac, ecografia oculare, fluorangiografia e tutti gli altri accertamenti, hanno dato esito negativo. Solo lo studio del campo visivo evidenzia un restringimento: quello spicchio di arancia descritto da Valentina. La terapia seguita è quella antinfiammatoria, venti giorni di cortisone. Ma i risultati non ci sono stati: «Con l’occhio sinistro vedo solo nero, – dice Valentina – nel destro la situazione peggiora di giorno in giorno: non distinguo i colori, e lo spiraglio si assottiglia. Ho sentito un medico che mentre spiegava la situazione a mia madre parlava di processo degenerativo e di situazione cronica. Io non sono una stupida, questa è una sentenza che vuol dire cecità permanente. Vorrei solo un’altra possibilità». Anche perché i giorni passano, Valentina non reagisce alle cure, e l’unica prospettiva che al momento ha davanti a sè a Sassari è quella di farsi rivoltare nuovamente come un calzino. «Come si può negare a una ragazza di diciannove anni che rischia di diventare cieca, la certezza di aver tentato il tutto e per tutto? – dice Sandro Cattani – Se intende rivolgersi a un’altra struttura del Continente o di Milano, noi siamo disposti a prendere accordi con la mamma e coprire i costi». La convocheranno domani, la sottoporranno ad ulteriori visite, aggiorneranno la cartella clinica e poi la ragazza potrà decidere se andare in un centro d’eccellenza del Continente. Vorrebbe indietro la sua vecchia vita, quella che ha lasciato il 26 gennaio sopra una scalinata: «Ora mi sento come una disabile – dice – non sono autosufficiente, mi sbatto dappertutto, sono piena di lividi, spesso ho mal di testa e devo assumere antidolorifici e miorilassanti. Se è per questo non mi faccio mancare nulla e ho anche il morbo di Crohn all’intestino. Ma questo è gestibile, almeno so di che morte devo morire, ho le medicine da prendere e so cosa posso e non posso mangiare. Quello che mi pesa di più adesso è l’incertezza: non sapere di preciso perché mi trovo in questo stato, perché sto diventando cieca e se c’è possibilità di guarire. A queste domande, i medici, non hanno ancora dato le risposte che volevo». E lo dice con una lucidità e una fermezza disarmante, senza cedimenti, nè rabbia, con una forza che non sembra appartenere a una piccola donna di 19 anni. Come se la paura del buio fosse una cosa che si supera da bambini. E quando saluta, solleva per un attimo la testa e schiude mezzo sorriso: «Arrivederci, e mi raccomando, quando esce, stia attento alle scale».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
L’iniziativa

Il porcetto sardo in corsa per la denominazione Igp

Le nostre iniziative