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Isola in crisi, i vescovi ne parlano al Papa
L’emergenza lavoro sarà al centro del colloquio dei presuli sardi con il Pontefice nell’incontro in programma venerdì
SASSARI. Comunione ecclesiale ed emergenza lavoro sono le due principali questioni che i vescovi sardi presenteranno a Papa Francesco venerdì, nell'udienza che segnerà il momento più solenne della visita alla sede di Pietro iniziata oggi. Lo stato di salute della Chiesa sarda, sostanzialmente buono per i responsabili delle diocesi, deve essere conservato e possibilmente migliorato lavorando sulla testimonianza dei singoli e ancor più della comunità cristiana nel suo complesso. Per l'arcivescovo di Sassari sarà il quarto appuntamento "ad limina " - dopo due con Giovanni Paolo II e uno con Benedetto XVI - del suo cammino episcopale iniziato il 28 marzo del 1993.
«A livello ecclesiale – dice il vice presidente dei vescovi sardi – ritengo che il problema più importante sia quello della comunione profonda delle singole Chiese al loro interno e nel loro insieme: tra i pastori, il clero, i consacrati, i laici, per una necessaria credibilità e perciò più efficace opera di evangelizzazione». Soprattutto negli ultimi decenni le emergenze sociali, per le ricadute che hanno sulla vita dei singoli e delle comunità, sono entrate di rigore nelle relazioni portate alla Santa Sede. Negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta del secolo scorso, emigrazione, sequestri di persona, criminalità e prime crisi industriali finirono nei dossier presentati al Papa. Questa volta i vescovi parleranno del dramma lavoro, della piaga della disoccupazione, di povertà sempre più diffusa.
«A livello sociale – dice monsignor Atzei – in ogni parte dell'isola il vero grande problema è quello del lavoro, inteso come conservazione degli attuali parametri occupativi, specie là dove deve essere mantenuta la fedeltà alle intese tra Regione e proprietà multinazionali, e come nuova occupazione, ossia creando nuove prospettive di lavoro soprattutto per i giovani. Secondo me – aggiunge l'arcivescovo di Sassari – c’è anche un altro problemino comune, il cui contenuto teniamo riservato, non perché si tratta di materia scabrosa, ma certamente delicata. Concorderemo se presentarlo o meno al Santo Padre». Quale "problemino"? Si possono fare solamente ipotesi: forse l'uscita dei Gesuiti dal governo della Pontificia Facoltà teologica isolana, oppure una diversa organizzazione territoriale delle dieci diocesi, ovvero obbligatorietà della formazione nel seminario regionale per i futuri sacerdoti. Se ne saprà di più nei prossimi giorni.
Ancora una volta i vescovi porteranno al Papa prove concrete della fede dei Sardi. «Lo stato di salute della Chiesa regionale è sostanzialmente buono, nonostante qualche critica spietata che noi insulari facciamo nei nostri stessi confronti, sia chiesa, sia società. Dobbiamo serenamente riconoscere – aggiunge monsignor Atzei – che siamo “un'isola felice” a livello ecclesiale, perché, in un contesto generale di crisi di fede, permane nelle nostre Chiese la memoria viva di Cristo, la si celebra, la si testimonia pur con tutti i limiti. Ogni tanto noi Pastori ci sorprendiamo di come la fede del nostro popolo abbia un nucleo così forte e saldo». Una cosa è certa: i vescovi inviteranno il Papa a «un viaggio in Sardegna, con un breve passaggio in tutte le nostre Chiese», da buon francescano itinerante.