La Nuova Sardegna

Sassari

Lasciato nella scarpata, due condanne

di Elena Laudante
Lasciato nella scarpata, due condanne

Ittiri: per l’incidente in un cui perse la vita Giandomenico Pisanu pene severe agli amici che negarono fosse in auto con loro

15 maggio 2013
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SASSARI. Le condanne sono arrivate, e pure severe. Ferma restando responsabilità ed entità della pena fino alla Cassazione, chi guidava l’auto dalla quale fu sbalzato Giandomenico Pisanu, 26 anni, “dimenticato” per 8 ore in fondo a una scarpata, a Ittiri, potrebbe rischiare il carcere. Ma il processo celebrato ieri sullo strano incidente stradale avvenuto sulla provinciale Ittiri-Barari, il 23 settembre 2011, non aiuta a rispondere a una domanda. Perché gli amici di Giandomenico, operaio che di ritorno da una festa campestre trovò la morte nella vallata di Tzeppere, negarono ai soccorritori che il coetaneo fosse in auto con loro? E perché, ancora oggi, gli imputati smentiscono la sua presenza sul sedile posteriore della Seat Ibiza?

La sentenza di primo grado emessa ieri, dice questo: Gavino Casiddu, 28 anni di Ittiri e Salvatore Satta Giannichedda, stessa età e paese, sapevano che Giandomenico fosse con loro, sdraiato sul sedile posteriore, quando finirono nella scarpata per una svista di Casiddu, conducente, in una curva a gomito di ritorno dalla festa alla chiesa di San Maurizio. A Casiddu il giudice dell’udienza preliminare Antonello Spanu ha inflitto una condanna a 3 anni e 4 mesi, così suddivisi per i due reati contestati: 2 anni e 4 mesi per l’ipotesi di omicidio colposo aggravato dall’essersi messo alla guida con alcol e cocaina in corpo. Ai quali il gup ha aggiunto 1 anno di arresto per altri due reati, e cioè l’essersi rifiutato di sottoporsi ai test alcolemico e tossicologico, cui poi però, in ospedale, risulterà positivo.

Per l’imputato, difeso dai legali Ettore Licheri e Antonio Moro, un esito quasi choccante, che ha appreso in aula, assieme ai genitori. C’erano anche i genitori di Giandomenico, e suo fratello. Era stato proprio il padre del ragazzo a trovarlo in fondo alla valle, la mattina dopo l’incidente. Poche ore prima, verso le 4 del mattino, i due amici ai quali Pisanu aveva chiesto un passeggio avevano detto a soccorritori e carabinieri che oltre a loro nell’auto non c’era nessuno. E che quindi, nella valle, non c’era nessun altro da salvare. Secondo il pm Carlo Scalas, che aveva sollecitato 4 anni per Casiddu, invece lo sapevano di Giandomenico. E lo sapeva pure chi era accanto al guidatore, Satta Giannichedda, che su quella notte avrebbe avuto «una amnesia dissociata e selettiva», l’avevano definita i legali di parte civile Giuseppe Conti e Gianluigi Poddighe, nelle loro arringhe. Cioè neppure Satta ricorda di aver dato un passaggio a Giandomenico, come invece chiunque avesse partecipato alla festa, quella sera, confermerà ai carabinieri. Per i magistrati, negare con forza una verità raccontata da tutti gli altri testimoni vuol dire commettere un favoreggiamento: per questa ipotesi, Satta è stato condannato a 10 mesi, pena sospesa, poco meno di quanto ne avesse sollecitati il pm. Secondo il giudice, Satta Giannichedda - difeso dai legali Maria Letizia Doppiu Anfossi e Maria Paola Tavera - ha tentato di aiutare l’amico nei guai, Casiddu, e ha mentito per nascondere il fatto che Giandomenico, invece, fosse con loro. La difesa di entrambi, ovviamente, punta all’appello. Anche perché una consulenza psichiatrica della difesa ammette che Satta potrebbe aver dimenticato quella circostanza a causa di «alterazioni della coscienza».

Ma allora per quale ragione la prima chiamata che Satta fece dal suo cellulare, subito dopo la caduta nella scarpata, fu proprio al telefono di Giandomenico Pisanu, che durante il volo era finito tra i cespugli in fondo alla valle, dopo aver sbattuto la testa su un masso? Possibile che volesse sapere dov’era? Solo dopo Satta chiamerà amici e un conoscente proprietario di un carro attrezzi, che a sua volta avviserà il 118. E in entrambe le telefonate chiederà, Satta, di non «chiamare i carabinieri». Forse i due erano in ansia perché avevano assunto cocaina, e temevano di essere scoperti.

La famiglia di Giandomenico, ieri in aula assieme a uno dei loro avvocati, il penalista Gianluigi Poddighe, è stata già risarcita per la morte del ragazzo, dall’assicurazione del conducente. Ma il giudice ha ritenuto di condannare anche Satta Giannichedda, accusato di favoreggiamento, anche a pagare ai parenti di Pisanu i danni morali, 6mila euro. Per quella menzogna, finora presunta, rimasta tutt’oggi inspiegabile.

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