La Nuova Sardegna

Sassari

Le stufe a pellet? Mai state pericolose

di Elena Laudante
Le stufe a pellet? Mai state pericolose

Due assoluzioni al processo sulle mille caldaie sequestrate nel 2007: sembravano sprigionare monossido, ma non è vero

28 giugno 2013
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SASSARI. Quelle stufe non saranno state perfette. Certo, emettevano del monossido di carbonio, ma non più di quello sprigionato da una sigaretta. Non si poteva dire, dunque, che fossero “pericolose per l’incolumità personale” di chi le aveva pagate salate. E poi, ha trascorso almeno sei lunghi inverni al freddo, da quando oltre mille apparecchi erano stati sequestrati nel 2007 su ordine della magistratura. Da ieri, queste stufe a pellet sono di nuovo nella disponibilità di chi le aveva comprate, dissequestrate proprio nel pieno di un’estate riluttante, al termine di un processo che stava per finire con una prescrizione. Due mesi prima che il reato si estinguesse, il giudice monocratico Marina Capitta ieri ha emesso una sentenza di assoluzione, piena. Scagionati “perché il fatto non sussiste” i due imputati, Francesco Masala, sassarese di 42 anni, imprenditore e amministratore della ditta di Predda Niedda che rivendeva le stufe prodotte da una azienda di Treviso, la Tecnoflam. Sotto processo era finito pure il suo amministratore, Filippo De Cecilia, 57 anni, origini beneventane.

Ai due la procura contestava il reato di frode in commercio, proprio per aver venduto (in Sardegna e non solo) stufe a pellet che secondo una prima perizia del giudice delle indagini preliminari erano pericolose. Come minimo, sembravano accumulare monossido di carbonio nella camera di combustione, dalla quale poi il gas poteva uscire «in caso di non perfetta tenuta dello sportello», scriveva il pm Paolo Piras sul decreto di citazione a giudizio, in base a una perizia tecnica. Quel documento era arrivato dopo un accertamento scaturito dal sequestro che aveva portato gli uomini della Finanza a scovare stufe vendute dalla Tecnoflam per l’intero Stivale. Non è chiaro dove siano stipati i caloriferi oggi, ma per anni alcuni dei loro acquirenti-parti lese, le hanno reclamate al Tribunale. Perché dopo un investimento tale (pure mille euro), non potevano permettersene un’altra.

Nel frattempo, la Tecnoflam è fallita, come ha fatto notare il legale di De Cecilia, l’avvocato Antonio Mereu, mentre Masala è stato assistito dal collega Maurizio Serra. La vicenda delle stufe “taroccate” poi risultate assolutamente normali, era nata proprio dalla denuncia di Masala, che nel 2005 aveva sollevato dubbi sulla bontà della fornitura dopo aver accumulato un debito di 70mila euro col fornitore. Ieri è finito tutto: nessun pericolo, ha sentenziato il giudice, le stufe siano restituite ai legittimi proprietari. E questo perché nel corso del processo un nuovo perito ha sottoposto la caldaia ad uno “stress test”. Perfettamente superato.

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