La Nuova Sardegna

Sassari

Il pm: «Dieci anni». E lui spacca tutto

di Elena Laudante
Il pm: «Dieci anni». E lui spacca tutto

Al processo per stupro l’accusa sollecita una pena pesante. Ma l’imputato in aula aggredisce gli agenti

04 luglio 2013
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SASSARI. In quattro hanno provato a contenere la sua rabbia, ed è stato difficile per gli agenti della Penitenziaria persino mettergli le manette e impedire che distruggesse microfoni e sedie della Corte d’assise. È come impazzito, S.S., 31 anni, quando dalla cella nella quale era rinchiuso, da imputato, ha capito che quella condizione di detenuto potrebbe durare addirittura per dieci anni. Tanto ha sollecitato la pubblica accusa al Tribunale, considerandola la giusta condanna per aver sequestrato, picchiato e violentato la sua ex convivente, una ragazza un po’ più giovane di lui, un pomeriggio di settembre 2012. Sei ore e mezzo di violenza valgono dieci anni di carcere, codice alla mano, secondo il pm Elisa Loris che ieri ha spiegato quali prove emerse durante il processo supportino le accuse di sequestro di persona, violenza sessuale, ingiurie e minacce. Era solo la richiesta di condanna, non certo la sentenza. Ma a sentire quelle parole, l’imputato è scattato, ha iniziato a battere pugni sul vetro della cella, mentre urlava: «Sono innocente, sono vittima di un’ingiustizia», frasi inframmezzate da qualche parolaccia.

Subito il tribunale - presidente Salvatore Marinaro, a latere Giuseppe Grotteria e Elena Crobu - ha chiesto agli agenti di polizia di far uscire l’imputato dall’aula, per riportarlo a San Sebastiano. Ma quando i poliziotti hanno aperto la porta della cella lui gliel’ha sbattuta contro, ha opposto resistenza ed è diventato incontenibile. Mentre inveiva, ha preso di mira i microfoni sistemati sul banco dei difensori e poi le sedie, vicine alla cella. La situazione sembrava sfuggire di mano quando gli agenti sono riusciti a bloccarlo, non senza procurarsi qualche livido. In aula erano presenti i parenti dell’imputato, alcuni dei quali hanno insultato la persona offesa, l’ex compagna. Poi il Tribunale ha ripristinato l’ordine, per dare la parola ai legali di parte civile e difesa. Per conto della ragazza, l’avvocato Marco Enrico ha aderito alle richieste dell’accusa e chiesto una provvisionale di 5mila euro. Ha sollecitato, invece, l’assoluzione il difensore Pasqualino Federici, certo che per la gran parte le testimonianze emerse in aula non fossero genuine né attendibili. «I testi non sono credibili - ha suggerito - L’imputato deve essere assolto dal reato di violenza sessuale. Quel pomeriggio, al massimo, c’è stato un litigio, che lui non nega. Ma non una violenza sessuale».

È proprio quest’ultimo reato a far salire la pena fino ai 10 anni chiesti dal pm, secondo il quale l’imputato ne merita otto per gli abusi e due per i reati di sequestro di persona, minacce, ingiurie. Sarà il Tribunale, dopo la camera di consiglio di mercoledì, a stabilire se si tratti della pena più equa.

S.S. (il giornale omette il nome per evitare di rendere riconoscibile la persona offesa) è in carcere dal 13 settembre scorso, quando i carabinieri erano intervenuti nel suo appartamento, che condivideva con la fidanzata. Lei era piena di lividi al collo, aveva segni di violenza pure sul viso. Alla vista delle divise, la ragazza li aveva abbracciati, disperata. Erano le 19.30. Secondo il suo racconto, dopo una lite l’allora fidanzato che forse voleva lasciarla per un’altra, l’aveva chiusa a chiave in casa, e dopo averle tappato la bocca prima con un cuscino e poi con un foulard, le aveva tolto il cellulare, per impedirle di chiedere aiuto. Poi l’aveva minacciata di morte. “Ti ammazzo, non devi più uscire di casa”, racconterà lei. E ancora: “ti brucio viva dentro casa”, “se chiami i carabinieri ti ammazzo”. Ma non era bastato: l’aveva gettata sul letto, strappato i vestiti e violentata, mentre la teneva ferma con le mani sul collo. E dopo lo stupro, di nuovo botte. Lui ha sempre negato. Ieri voleva parlare col referto del pronto soccorso di lei in mano, certo che quel documento provi come non si sia trattato di stupro. Lo decideranno i giudici.

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