La Nuova Sardegna

Sassari

Il ragazzo autistico vince la sua battaglia «Genitori, fate causa»

di Elena Laudante
Il ragazzo autistico vince la sua battaglia «Genitori, fate causa»

Portata in Tribunale la Asl accorda le terapie all’adolescente Era in lista d’attesa da 4 anni. La madre: «Tanti come noi»

01 agosto 2013
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SASSARI. «I genitori devono combattere, devono sapere che ai loro figli stanno togliendo il diritto alla salute. Non bastano le fiaccolate, si deve denunciare, arrivare alle vie legali».

La mamma di Giovanni (nome di fantasia) è reduce da una battaglia vinta. La Asl 1 ha accettato di far curare suo figlio, 14 anni, malato di autismo, nonostante le strutture del Sassarese non abbiano posto per lui da ben quattro anni. Nelle stesse condizioni ci sono altri suoi coetanei.

Durante quei lunghi mesi di auto-terapia, i genitori di Giovanni hanno provato in tutti i modi a farsi ascoltare dall’Azienda sanitaria, fino a quando non gli hanno fatto causa. A quel punto, arrivata in Tribunale, la Asl ha accettato di inserire Giovanni in una struttura adatta allo stadio della patologia, e soprattutto “extra-tetto”, cioè senza tenere conto delle liste d’attesa (ma Giovanni non toglie il posto a nessuno) e dei limiti di budget imposti dalla Regione. Sarà la Asl ad aprire i cordoni della borsa, come lei stessa ha proposto prima ancora che il giudice del lavoro Elena Meloni si esprimesse nel merito del ricorso.

Pur essendo caduta la materia del contendere, l’effetto, per Giovanni, è quello sperato: «Finalmente dopo quasi quattro anni di vuoto, la prossima settimana riprenderà la terapia», spiega al telefono il padre, dipendente pubblico come la moglie.

Lei sprizza gioia da tutti i pori. Ma non è solo l’esito della causa intentata dai suoi avvocati, Pierluigi Olivieri e Marcello Masia, a metterla di buon umore. È anche l’idea di poter rappresentare un esempio per altri genitori che devono confrontarsi con una malattia quasi sconosciuta, per la quale - spiega il padre - «non ci sono cure organiche, non c’è un filo logico nella sanità pubblica, tutto è lasciato in mano ai privati». Lo hanno imparato a loro spese. Fino al maggio 2010, il loro bambino - che aveva manifestato i primi sintomi, particolarmente acuti, a 3 anni - era stato in cura al centro di riabilitazione San Biagio, di Luna e Sole. Poi però era arrivato a un livello superiore che richiedeva l’aiuto di professionisti diversi, più specializzati nella nuova terapia. Ma quelle figure, al San Biagio, non c’erano, per questioni di costi. Allora Giovanni è rimasto fuori. Per quasi quattro anni.

Solo in Tribunale la questione sembra essersi risolta, sebbene sia stato il padre ad individuare la struttura - la stessa San Biagio - che pure la Asl (tutelata in aula dall’avvocato Caterina Cossellu) non riusciva a trovare.

«In aula ci hanno spiegato che non hanno una mappa completa dei servizi per curare l’autismo offerti dalle strutture convenzionate», spiega la madre. «Credo che nelle nostre condizioni, cioè in lista d’attesa per le terapie, ci siano almeno 300 famiglie della nostra zona».

Ora che il peggio è passato, ai genitori di Giovanni, che oggi frequenta le superiori, interessa solo far capire ad altre famiglie in difficoltà che «la salute dei nostri figli è un diritto. Se non vi ascoltano - incita la madre - allora andare dal giudice è possibile. Non bastano le fiaccolate, è necessario venire allo scoperto. Denunciare».

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