La Nuova Sardegna

Sassari

Sulla volta di una cella i dipinti dei detenuti

di Paoletta Farina
Sulla volta di una cella i dipinti dei detenuti

Sempre nuove scoperte nel cantiere del vecchio carcere di San Leonardo di Sassari. Ma intanto i lavori all’ex tipografia Chiarella sono sospesi per mancanza di fondi

20 agosto 2013
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SASSARI. Non finisce di riservare sorprese il cantiere dell’ex tipografia Chiarella. Dopo aver svelato consistenti e fino all’inizio dei lavori inimmaginabili tracce delle vecchie carceri di San Leonardo, utilizzate dal 1300 fino al 1871 quando vennero abbandonate per il “più moderno” San Sebastiano, il restauro eseguito dal Comune ha fatto venire alla luce un’altra, incredibile scoperta: gli straordinari e allo stesso tempo commoventi disegni dei detenuti, emersi sulla volta di una delle celle. Il direttore dei lavori, l’architetto Roberta Omoboni e gli esperti restauratori della Cooperativa archeologica di Firenze si sono ritrovati davanti a una eccezionale testimonianza. Tanto sorprendente che hanno voluto coinvolgere per una ulteriore lettura scientifica alla Medicina legale universitaria del Dipartimento di Scienze biomediche. Ne è nato uno studio e una tesi di laurea di una studentessa di Orune, Laura Marras, sotto la guida dalla professoressa Elena Mazzeo, responsabile della Struttura e della dottoressa Valentina Piredda, medico specializzando a cui hanno dato un sostanziale contributo Alessandro Ponzeletti, storico dell’arte e di Don Michele Murgia, esperto di architettura e arte sacra. Laura Marras proprio nei giorni scorsi si è diplomata con il massimo dei voti e la pubblicazione della tesi che si intitola «I palimsesti dal carcere: tra passato, presente e futuro» a cura dell’ateneo.

Quindi rinchiusi tra le inospitali e umide mura del carcere i detenuti sfogavano la loro disperazione e accompagnavano le loro giornate sempre uguali dipingendo immagini e tracciando scritte con mezzi di fortuna, come il fumo delle candele o il nerofumo. Rimaste nascoste sotto strati di intonaci per 200 anni, ora quelle immagini sono state accuratamente restaurate e preservate. Sono disegni di una semplicità quasi infantile e quelli che tappezzano il soffitto. C’è un po’ di tutto: fucili, un cannone, un carcerato in catene che nel parlatorio colloquia con una visitatrice, un Cristo sul catafalco, una via Crucis con tutte le sue stazioni, tante croci. E poi scritte e invocazioni religiose a Gesù e Maria Vergine. Spicca, un Candeliere con la sua corona agghindata di bandiere. Ma risaltano anche una serie di pintadere. E poi le scritte, con date e nomi, non tutti comprensibili. Per citarne una, «Sechi Antionio» (testuale), inneggia al Grande Corso: “1815 della patria imperatore viva a Napoleone”, e firma così, nel caso ci fossero stati dubbi, anche la sua origine sassarese.

Le pitture dei carcerati non sono però l’unica rivelazione del complesso, che in questi ultimi anni i sassaresi hanno potuto parzialmente conoscere nel corso delle giornate dedicate ai Monumenti aperti. Molte le curiosità che sono emerse andando a scavare in quel grande edificio che dopo essere stato carcere, ha ospitato la storica falegnameria Clemente e nei tempi più recenti la tipografia Chiarella e dovrà diventare biblioteca comunale.

«Abbiamo scoperto che in una delle segrete, in cui per la ristrettezza dello spazio i detenuti dovevano restare accovacciati, subivano le punizioni anche i rampolli discoli della nobiltà sassarese – racconta l’architetto Omoboni –. E ancora che i Clemente concepirono uno stabilimento con i criteri più moderni, garantendo le migliori condizioni ambientali per i lavoratori». Pur non sfuggendo alla regola del controllo sulle maestranze che potevano osservare durante il lavoro da una finestra dei loro appartamenti. «Ne viene comunque fuori il quadro della borghesia illuminata dell’epoca, parliamo del 1890, con imprenditore che operavano secondo principi poi ripresi all’Olivetti di Ivrea, che reinvestivano per migliorare la produzione e mettevano il loro amore nell’impresa», riflette l’architetto.

Ora queste storie aspettano solo di poter essere lette da tutti i sassaresi. Il cantiere, aperto nell’ormai lontano 2008 dopo che il Comune, con il fallimento della tipografia Chiarella aveva acquistato l’immobile all’asta giudiziaria cinque anni prima per mantenerlo nel patrimonio della città, è sospeso in attesa di poter ottenere nuovi finanziamenti. La cifra stanziata, 3 milioni e mezzo di euro, si è rivelata insufficiente perché sono state necessarie una serie di varianti in corso d’opera, legate ai ritrovamenti archeologici, che hanno anche allungato i tempi. Tutti gli impianti e le opere principali sono stati eseguiti, occorre mettere in posa la pavimentazione (che sarà in parquet e in resina industriale), dare le ultime rifiniture e poi acquistare gli arredi. Manca poco, è vero, ma serve una svolta.

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