La Nuova Sardegna

Sassari

Televisione, comunicare come Berlinguer: serietà e contenuti

Rosario Cecaro

03 settembre 2013
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Davvero la sinistra non sa comunicare? Dino Amenduni ne è convinto e ha spiegato il perché sulla Nuova di domenica 25 agosto. La politica comunica attraverso i media e il politico ha successo quando comunica le sue “multiple identità”. Berlusconi, perciò, vince perché ha la capacità di essere (e comunicare) tante cose insieme. E questa affermazione sembra confermata da un dato che compare nello stessa edizione della Nuova: secondo i sondaggi, il centrodestra è avanti, ma il centrosinistra, se candidasse Renzi, potrebbe ribaltare la situazione e vincere. Renzi sembra abbia imparato a comunicare, cosa che la sinistra non sa fare. Parla di politica nei giornali, ma va anche da Maria De Filippi, ad Amici, a dare un'altra immagine di sé. Renzi può battere Berlusconi e la sinistra può vincere finalmente. Questo in teoria. Ma i conti tornano anche nella pratica? Romano Prodi, che non è un buon comunicatore, ha vinto due volte le elezioni. Walter Veltroni, ottimo comunicatore, nel 2008 aveva costruito sapientemente l'evento elettorale, e ha perso. E infine Bersani, che ha ben impostato la “multinarrazione” del suo personaggio (talvolta a scapito del messaggio politico) le elezioni le ha “quasi vinte” (o “quasi perse”).

Per prendere l'esempio più significativo di comunicazione a sinistra bisogna tornare a Enrico Berlinguer e al suo Pci. Berlinguer non aveva le caratteristiche del politico-comunicatore. Si presentò a Tribuna Politica (la trasmissione Rai che dal 1961 aprì ai politici la televisione) con la sua faccia seria, scavata, parlando con l'accento sardo (le cadenze dei politici erano allora oggetto di satira, in particolare il sardo, che sarà poi sdoganato dal Cossiga picconatore) e appoggiando la testa tra le dita: come ha scritto proprio Veltroni aveva, comunque, una sua magia televisiva. Berlinguer, infatti, usava il mezzo televisivo, ad esso affidava i messaggi, soprattutto quelli più rilevanti. La sua, insomma, era una comunicazione interamente di contenuti. La non-costruzione della sua immagine aveva finito con il creargli un'immagine. Non cercò mai di narrarsi rappresentando altre sue identità, anche perché quella politica era così preponderate che finiva con l'essere, in pratica, unica. Difficilmente gli si potevano cucire addosso le regole della perfetta comunicazione. Eppure, dei leader politici dei suoi anni, Berlinguer fu quello che riscosse, televisivamente, il successo più ampio (anche elettoralmente: con i consensi ottenuti allora oggi il Pci probabilmente vincerebbe le elezioni).

Quel tipo di comunicazione politica è praticabile oggi?

Nelle scorse settimane la Tv ha riproposto più volte il film “Il sorpasso” nel quale Vittorio Gasmann interpreta l'italiano del boom economico, superficiale, un po’ cialtrone e furbo nell'aggirare le regole. Oggi quell'italiano non è scomparso, si è aggiornato. Berlusconi, si dice, parla alla pancia della gente. Si spiega così (come ha scritto Amenduni) che con il bunga-bunga e la condanna i suoi consensi non siano diminuiti, perché molti italiani si immaginano al suo posto.

Ma gli italiani non sono tutti uguali: molti – la maggioranza – hanno valori e problemi che ritengono non possano essere rappresentati e risolti da Berlusconi, e secondo molti di loro neppure dai politici attuali.

Il problema per la sinistra, proprio come ai tempi di Berlinguer, è quello dei contenuti e di come comunicare il messaggio. Oggi si parla per slogan ed è chiaro che “aboliamo l'IMU” vince nettamente su “... ma le priorità ...”.

Molti leader a sinistra o non riescono a spiegarsi neppure con se stessi o scivolano nella banalità. Forse varrebbe la pena di riscoprire e rivalutare la comunicazione di Berlinguer: seria, pacata, concreta, in grado di raggiungere la testa ma anche di toccare il cuore.

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