La Nuova Sardegna

Sassari

Legata a una sedia da due incappucciati

di Luigi Soriga ; di Luigi Soriga
Legata a una sedia da due incappucciati

La donna ha aperto la porta e due uomini l’hanno immobilizzata e imbavagliata: l’ha liberata il compagno dopo un’ora

08 settembre 2013
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SASSARI. Ha sentito il campanello suonare e ha aperto la porta senza guardare dallo spioncino. Erano le sette di sera, giù in cortile giocavano frotte di bambini, pensava fosse la vicina di casa. Invece ha fatto appena in tempo a tirare giù la maniglia, che la porta le si è spalancata addosso. Una spallata ben assestata e due uomini incappucciati erano dentro l’appartamento. La donna in quel momento era sola, perché il suo compagno era uscito da una mezzoretta. Ha provato subito a scappare, a correre verso il terrazzo per chiedere aiuto. Ma i due le sono saltati addosso e l’hanno immobilizzata. Lei ha tentato di divincolarsi, è caduto per terra un sopramobile, poi le hanno messo una mano in bocca e l’hanno fatta sedere su una sedia. L’hanno legata e le hanno chiuso la bocca con del nastro adesivo. A quel punto i due si sono potuti dedicare all’alloggio, frugando tra i cassetti e negli armadi. Hanno visto una cassaforte portatile, l’hanno afferrata e sono andati via. Dentro solo qualche banconota. La donna è rimasta immobile nel silenzio delle sue quattro mura, senza la possibilità di gridare con tutto il fiato che aveva. Fuori dalla finestra, al numero 8 di via Ortobene, sentiva il vociare dei ragazzini. Erano proprio lì a una manciata di metri dal portone d’ingresso, e c’era anche suo figlio in mezzo a loro. C’è un cortile molto spazioso, incorniciato da una serie di palazzoni enormi. Gente affacciata al balcone, difficile scivolare in mezzo a tanti occhi nella totale indifferenza. Eppure nessuno nota niente di strano, e mentre la ragazza si divincola nella sedia e la sua voce implode muta nel bavaglio, i minuti scorrono nella più totale normalità. A un certo punto il figlio prova a suonare al campanello, insiste tre o quattro volte, ma nessuno apre. Sono passate le 20 quando il compagno della donna rientra dal lavoro. Infila la chiave, apre la porta e vede la donna legata nella sedia. La libera immediatamente, le chiede cosa sia successo, lei è sotto choc, è terrorizzata. Allora compone il 113 sul telefonino e nel condominio di via Ortobene, quartiere di Sant’Orsola, arrivano gli agenti della squadra mobile, i poliziotti delle volanti e dopo anche gli uomini della scientifica. Non è facile ritrovare tracce: i rapinatori oltre ad avere il viso coperto si erano infilati dei guanti. Gli agenti setacciano le scale, cercano impronte nell’appartamento. Arriva anche un’ambulanza del 118 che carica la donna e la trasporta in ospedale. Ha solo qualche escoriazione, ma è molto scossa: ha ricordi vaghi, non è sicura che fossero armati. Non l’hanno picchiata, solo una stretta decisa per impedirle di divincolarsi. Non è in grado di fornire molti dettagli. Allora i poliziotti sentono i vicini di casa: la cosa stranissima è che nessuno si è accorto di nulla. «Ero affacciata al balcone – racconta la dirimpettaia – abitiamo al primo piano a pochi metri l’una dall’altra, eppure non ho sentito un lamento, un rumore: nulla. E non credo che i rapinatori siano scappati dall’ingresso principale: io e i ragazzi che giocavano li avremmo notati. Secondo me sono scappati dai garage: in questi palazzoni è pieno di vie di fuga». Non è un posto tranquillo, molti vorrebbero andare via. «Questa è la volta buona che cambio aria – dice il compagno della donna rapinata – mi hanno rubato l’auto due volte, ormai la lascio senza benzina e stacco il volante. Non si può stare sereni». Anche la vicina di casa vorrebbe abitare altrove: «Una volta hanno tentato di entrare nel mio appartamento – racconta – ho trovato la serranda forzata. Qualcuno, per fortuna, deve aver disturbato i ladri».

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