La Nuova Sardegna

Sassari

«Così dopo 20 anni mi riscopro precario»

di Luigi Soriga
«Così dopo 20 anni mi riscopro precario»

Anche insegnanti a fine carriera fanno i conti con i tagli: «Ecco come cambia la vita e come ci si sente»

14 settembre 2013
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SASSARI. Sotto la garza di numeri, statistiche, tagli e accorpamenti, c’è chi il malessere della scuola lo vive sulla propria pelle.

La contrazione di una cattedra e la perdita del posto di lavoro, per un insegnante significa cambiare improvvisamente vita. Molti docenti stanno attraversando una singolare regressione del loro percorso professionale. Quello che hanno vissuto durante i primi anni di precariato, cioè rimbalzare come palline da flipper da una sede scolastica all’altra, si ritrovano a riviverlo dopo vent’anni di carriera, o magari alla soglia della pensione. Quando le energie per girare nei paesi della provincia forse non ci sono più.

Una di queste storie è quella di Agnese Lai, insegnante di economia aziendale all’Alberghiero di Alghero, ora ritrasferita nella sede di Senorbì a Cagliari perché entrata in quel perfido tritacarne dei sovranumeri: «La mia vicenda per certi aspetti è paradossale: quando ancora non ero di ruolo ho goduto di quindici anni di stabilità. Avevo una sede e lì sono rimasta. Adesso è come se pagassi lo scotto di quella fortuna iniziale. Le scuole hanno ampliato gli indirizzi, le ore di lezione sono diminuite, le cattedre scompaiono, gli alunni per classe aumentano di numero, e io sono finita dentro una giostra che non smette mai di girare».

Tecnicamente si chiama graduatoria Dop, un acronimo che significa Dotazione Organica Provinciale. In pratica l’insegnante di ruolo in esubero, perché la scuola dove insegnava ha cancellato la propria classe, viene messo a disposizione per riempire eventuali buchi negli altri istituti della Provincia.

«Il primo anno che ho avuto questa esperienza sono stata malissimo – racconta Agnese Lai – i cambiamenti anche nel nostro mestiere possono essere positivi e stimolanti. Ma quando il cambiamento diventa una imposizione e non ne comprendi i meccanismi e le finalità, allora diventa tutto più pesante».

Il momento peggiore è la fine di ogni anno scolastico: «Da diverso tempo io non so più cosa sia il relax estivo. Le lezioni terminano a metà luglio e da allora io comincio a preoccuparmi. Non c’è giorno che non controllo il sito web del Centro Servizi Amministrativi (l’ex Provveditorato), perché lì c’è scritto di che morte dovrò morire. Entro in uno stato d’ansia costante, come chi si appresta a ricevere una sentenza. E il fatto che ogni anno la situazione peggiora, che ci sono sempre meno speranza, non aiuta certamente a superare l’insicurezza».

Anche la vicenda di Andrea Cuccuru, insegnante di Scienze e chimica, è emblematica. Insegna dal 1991, non gli manca molto alla pensione e da sei anni era approdato al liceo Azuni.

Era convinto di finire la carriera in quell’istituto. Invece perde la cattedra e per un anno finisce a Perfugas e adesso divide le proprie ore in diverse scuole cittadine.

«Il nostro è un mestiere bello e complesso. La motivazione per svolgerlo al meglio è fondamentale. Il trattamento riservato agli insegnanti e la considerazione nei nostri confronti invece va nella direzione opposta: ti impegni per anni, hai risultati soddisfacenti con i tuoi studenti, e ti accorgi che questo per il Ministero non conta nulla. Diventi una pedina da spostare.

Sei costretto a percorrere 55 chilometri al giorno, spendi soldi in benzina che nessuno ti rimborserà, passi l’estate con ansia perché il tuo destino è incerto, hai terrore di commettere errori nel compilare le domande di utilizzazione nelle scuole cittadine, quasi fossi di fronte a un concorso a quiz dove ogni sbaglio ti sarà fatale.

«Non sai più cosa significhi la parola continuità didattica, visto che i tuoi alunni cambiano volto ogni anno. Sei costretto a ristudiare d’accapo materie come Patologia vegetale o Entomologia, che non prendevi più in mano dai tempi del primo concorso. Questo è lo stato d’animo di chi si appresta ad affrontare un nuovo anno scolastico. E occorre una straordinaria capacità di adattamento e amore per il proprio lavoro per stringere ancora i denti e andare avanti».

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