La Nuova Sardegna

Sassari

Sei detenuti dal Papa in «gita speciale»

di Vannalisa Manca
Sei detenuti dal Papa in «gita speciale»

Domenica hanno usufruito del permesso premio e sono partiti su un pulmino con la direttrice, la suora e il cappellano

25 settembre 2013
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SASSARI. «Mi sono sentita una formica di fronte a un gigante dal viso di grande dolcezza. Non ho potuto trattenere le lacrime. L’emozione è stata immensa per tutti noi, quando ci ha detto “Qui siamo tutti uguali”»: Rosalia, Antonella, Lorenzo, Giuliano e Franco sono i detenuti del carcere di Bancali che domenica scorsa hanno avuto modo di incontrare Papa Francesco nella cattedrale di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari. È stata una giornata diversa. Unica e indimenticabile, come raccontano gli stessi protagonisti in poche righe appuntate su un foglio.

Il cappellano. A farsi promotore dell’iniziativa del viaggio per la visita del Papa è stato don Gaetano Galia, cappellano del carcere di Bancali, che ha organizzato la speciale “gita domenicale” con un pulmino dell’Associazione di volontariato Salesiano di San Giorgio-Li Punti. Nessun mezzo blindato, quindi, né agenti penitenziari. A bordo sei detenuti in permesso premio (quattro uomini e due donne), suor Giuliana e don Gaetano. Alla comitiva si è unita la direttrice del penitenziario Patrizia Incollu (un gesto che i detenuti hanno fortemente apprezzato), testimoniando ancora di più quell’uguaglianza, pur nella giusta diversità dei ruoli, che il Pontefice ha proclamato con quel “Qui siamo tutti uguali”.

Permessi premio. Partenza da Sassari alle 8 e rientro alle 20.30, dopo una giornata premio che resterà negli annali del carcere: «Credo che questa esperienza non debba essere unica - sottolinea però don Gaetano -. Questo è l’esempio lampante che un carcere aperto educa più di un luogo di detenzione repressivo. La repressione incattivisce, la fiducia migliora l’animo umano. Il nuovo carcere di Bancali deve nascere con questi presupposti». E domenica è stata una giornata "normale" «sembrava la gita di una parrocchia - dice il prete salesiano -. In viaggio si è parlato dei problemi del carcere, problemi di fede, battute scherzose, la Juventus, la Torres, lo zimino».

I sei in permesso premio sono detenuti in articolo 21, cioè con l’autorizzazione a uscire per il lavoro, e persone che hanno già dato prova pratica che il percorso carcerario, per loro sta ottenendo buoni risultati. Si lavora sui percorsi alternativi studiati dall’intera area educativa, insieme con la direttrice Incollu e il magistrato di sorveglianza Devito.

«Gli occhi misericordiosi del Papa, che non giudicano ma accolgono - dice il cappellano - hanno sfondato il muro di diffidenza verso chi sta più in alto di te, che caratterizza ogni detenuto».

Rosalia. «È stato un momento molto speciale - dice Rosalia, una detenuta di 24 anni - e conservo tutte le parole nel mio cuore. Nessuno aveva mai detto di fronte ai vescovi, al ministro, ai sacerdoti, ai direttori: "Qui siamo tutti uguali!" Quando il Papa mi è passato vicino e gli ho baciato la mano, non ho potuto trattenere le mie lacrime. È stata come una forza sovrumana che non mi ha fatto capire più niente. Non ricordo più cosa gli ho detto. Non potrò scordare mai quel momento e mi dà la forza, nonostante i miei errori, ad andare avanti».

Antonella. «Eravamo circondati da una folla festante, immensa. Dentro la chiesa si percepiva un senso di sacralità, ma non bastava, mancava qualcosa. Nella mia anima inquieta - dice Antonella, 56 anni - , sentivo di aver bisogno di qualcosa, che poi è arrivato nel momento stesso in cui il Santo Padre ha fatto il suo ingresso. Volevo sentire le sue mani tra le mie, dovevo sentire la carezza… e così è stato! Il solo stringergliele mi ha fatto sentire una formica davanti a un gigante; il suo viso era tutto una grande dolcezza. L'emozione che ho provato è stata così potente, intensa, che ha scosso le fondamenta del mio essere, mi sono sentita inebriata di sensazioni tenere che mi hanno fatto piangere a dirotto». E intorno a lei Antonella ha visto volti con le stesse lacrime agli occhi. «Ci siamo abbracciate, con spontanea solidarietà. Le sue parole semplici, mi hanno colpita nel profondo come saette, dandomi forza nella fede, forza nello sperare ancora di più in questa vita, nella vita di una che ha peccato come me e cerca sempre il perdono per il male fatto e cerca di essere una persona migliore. Mai avrei potuto sognare di avere questo grande privilegio, per chi, come me, non può osare tanto nello sperare che accada qualcosa di così unico».

Lorenzo. La giornata per Lorenzo - 60 anni - è stata «un susseguirsi di emozioni, dal viaggio, allegro e fraterno, sino all'incontro col Papa. Toccargli la mano, e ascoltarlo dal vivo ti fa capire sul serio che qualsiasi parola dica, la vive veramente e questo ti fa pensare che anche nella Chiesa molte cose cambieranno, nel senso che la Chiesa dovrà stare più vicino ai poveracci, invece che stare con i ricchi e con i politici!». «Ho visto uomini abituati alla durezza del carcere - commenta don Gaetano - sciogliersi come mai avevo potuto vedere».

Giuliano. Arrossiva per la vergogna di piangere Giuliano, 45 anni, «ma lì tutti piangevano e la nostra emozione non si è nemmeno notata. Quando si aiutano i più bisognosi, ha detto il Papa, non bisogna umiliarli o approfittarsene. Poi ha chiesto una preghiera per lui. Boh, come faccio io a pregare per lui?».

Franco. «Ajò che ci facciamo una gita!», aveva commentato Franco - 40 anni - alla proposta del viaggio a Cagliari. «Ma poi vedendo quel movimento ho capito che stavo partecipando a un qualcosa di importante. Quando l'ho incontrato, io che sono molto chiuso, deluso e pessimista sulla mia vita, ho scoperto di avere ancora dentro di me delle emozioni. È' vero abbiamo sbagliato, però il carcere ti toglie la parte più bella di te: sentire le emozioni».

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