La Nuova Sardegna

Sassari

«Così ho salvato mio marito dalle slot machine»

di Vannalisa Manca
«Così ho salvato mio marito dalle slot machine»

Sassari, il coraggio della moglie di un falegname di 36 anni che ha giocato per tre anni. Adesso l’uomo riconquista la vita nella comunità di recupero di don Chino Pezzoli

26 settembre 2013
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SASSARI. «Un giorno ha infilato un euro in quelle maledette macchinette e il tintinnare di monete lo ha fatto saltare dalla contentezza. Con un euro si era fatto uno stipendio. Non immaginava che quell’euro stava cominciando a cancellare la sua anima di uomo meraviglioso, di padre, di marito». Angela (il nome è di fantasia) è una donna minuta, ma la luce dei suoi occhi emana una forza enorme. Quella che ha avuto per strappare il marito dal vizio del gioco, da quella malattia che lei chiama da slot machine e che gli stava consumando la vita.

Il tunnel è durato tre anni, un periodo che Angela ha vissuto come un incubo, cercando di capire che cosa avesse cambiato anche i sentimenti del suo compagno, un uomo di 36 anni, un bravo falegname che amava la moglie e i due figli di 10 e 3 anni. Una vita matrimoniale costruita in dodici anni con una serena convivenza, allietata dalla presenza dei due figli. L’incanto si rompe all’improvviso. La crisi incombe anche sulla piccola falegnameria, meno clienti e minori entrate, mentre il mutuo della casa va pagato, così le bollette e le spese per mandare i figli a scuola.

«È stata questa preoccupazione a fargli tentare la fortuna. Ma questo l’ho saputo solo dopo, quando sono riuscita a portare mio marito prima al Serd e poi nella comunità di recupero di don Chino Pezzoli. Là mio marito sta rinascendo». Tre anni sono trascorsi. «Mio marito ha toccato il fondo da dipendenza da slot machine a livello patologico, è stato un perfetto attore con doppia personalità. Si è comportato come un tossico: parlava male delle slot, negava ogni mio dubbio. Ha perso tutto, il lavoro ma soprattutto la sua autostima».

Angela, che di anni ne ha 34, ha capito che il problema era serio, che il padre dei suoi figli stava percorrendo una strada sbagliata, ma non riusciva a capirne la causa. «Non lavorava più, non portava soldi a casa, non parlava con i figli, usciva e non diceva dove andava. Lo chiamavo al telefono e rispondeva vago. Dormiva poco, era diventato molto silenzioso. Non era l’uomo che avevo conosciuto io». Così, Angela ha cominciato a pedinarlo, a controllargli i numeri sconosciuti del cellulare e a scoprire questa doppia vita del marito.

Un giorno, dopo vari litigi, Antonio (anche questo è un nome di fantasia), scrive una lettera al figlio di dieci anni. Una lettera carica di amore, dove Antonio dice di essere sempre un buon padre, ma chiede al figlio di stare vicino alla madre, «perchè è una brava mamma e non può stare sola». Una lettera che Antonio nasconde sotto il mucchio della biancheria da stirare e poi esce di casa. Angela sfaccenda e poi comincia a piegare magliette, calzini e camicie. Ed ecco che compare quel foglio. Angela lo legge e i polsi le tremano. «Ho capito che era una lettera d’addio», racconta mentre le lacrime le inumidiscono quegli occhi chiari.

Comincia a cercarlo, a chiamarlo al telefono ma lui non risponde. Disperata, alla fine prende il telefonino del figlio e chiama da quello. Lui risponde, ed è lo squillo della salvezza. Moglie e marito si ritrovano, si parlano. Lui nega e confessa al tempo stesso. Si sente scoperto ma non vuole ammettere la verità.

«Ci siamo chiusi in casa e sono riuscita a farlo ragionare. Ci siamo rivolti al Serd, ma pochi sono convinti come me che la slot può portare alla dipendenza. Un richiamo patologico dato dal tintinnare delle monete, che ti inebriano quando vengono giù. Vinci e giochi quello che hai vinto. E quando lui non aveva più soldi, si indebitava. Ha chiesto denaro a tutti gli amici che glielo davano perchè lui, da perfetto attore-tossico riusciva a farseli prestare. Non pagava il mutuo, né altro.Ma giocava. Andava in tutti i paesi per giocare e non farsi scoprire». Ora l’incubo è finito. Angela ha ottenuto di inserire il marito in comunità, da don Chino Pezzoli, fuori dall’isola. E da dieci mesi Antonio si è ripreso la vita. Impara nuovi mestieri e ha riconquistato la fiducia. La sua e quella di Angela. E rivede il sorriso luminoso dei figli.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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