La Nuova Sardegna

Sassari

«Le nostre vite distrutte dall’appuntato»

di Luca Fiori ; di Luca Fiori
«Le nostre vite distrutte dall’appuntato»

Ricostruiti in aula dagli avvocati di parte civile i drammi personali di chi finì ingiustamente in cella con l’accusa di spaccio

29 ottobre 2013
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SASSARI. Vite distrutte da un gioco sporco e diabolico. Esistenze sconvolte e segnate per sempre da un piano criminale e senza scrupoli, organizzato a tavolino – secondo le accuse della Procura – da un carabiniere e dal suo informatore, che per farlo felice nascondeva eroina in grosse quantità a casa di persone innocenti che il militare arrestava ricevendo il plauso dei superiori. Sette persone erano finite ingiustamente in manette tra il 2007 e il 2008 con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti nel corso di tre falsi blitz antidroga. Era stata la confessione ai magistrati del pentito Francesco Marongiu a riscrivere la storia di quegli arresti e a far finire nei guai l’ex «amico» appuntato.

Ieri i giudici del collegio presieduto da Plinia Azzena che stanno processando l’appuntato scelto dei carabinieri Francesco Silanos, accusato di aver orchestrato quei falsi sequestri di eroina, hanno ascoltato le storie drammatiche delle sette persone che da un giorno all’altro – come nel peggiore degli incubi – si ritrovarono a dover fare i conti con un’accusa infamante. In carcere o agli arresti domiciliari senza una colpa e senza la possibiltà che nessuno ascoltasse la loro disperata richiesta di giustizia. I primi a finire nei guai il 10 ottobre del 2007 erano stati Gian Mario Petretto, 36 anni, la convivente Vincenza Atzori, di 40, e Salvatore Ogno, 61 anni, di Alghero.

I primi due gestivano un bar sulla spiaggia di Platamona, il terzo dava una mano alla coppia quando c’era abbastanza lavoro, il resto del tempo lo passava pescando. Tutti e tre avevano trascorso un anno intero agli arresti domiciliari, dopo le manette per mezzo chilo di eroina trovata sotto la sabbia accanto al bar . Poi era arrivata la condanna a tre anni di carcere, prima che dai giudici di secondo grado arrivasse finalmente l’assoluzione. «Da quel giorno la nostra vita è cambiata, la notte abbiamo ancora gli incubi» avevano detto durante il processo. Ieri gli avvocati Marco Enrico e Gian Mario Fois con cui si sono costituiti parte civile hanno chiesto un risarcimento di sessantamila euro ciascuno per l’ingiustizia subita. La stessa toccata a Massimo Perandria, l’operaio sassarese di 39 anni arrestato nel gennaio del 2008 con l’accusa di aver nascosto 400 grammi di eroina nel giardino della sua casa nelle campagne di Sorso. Quel pacco con la droga, lanciato da Francesco Marongiu dentro la sua proprietà, gli era costato 4 mesi di carcere e altrettanti ai domiciliari.

«Quell’eroina non è mia, qualcuno mi vuole incastrare»: dal giorno dell’arresto Perandria, moglie e tre bambini piccoli, aveva urlato la sua innocenza e l’indagine difensiva del suo legale, l’avvocato Vittorio Campus, aveva insinuato più di un dubbio nella mente del pm Francesco Gigliotti che aveva fiutato, prima che Marongiu iniziasse a parlare, che qualcosa non tornava. Le porte del carcere, dopo il ritrovamento di un pacco con 600 grammi di eroina nel loro negozio, si erano spalancate anche per tre commercianti marocchini: Kamal Bouchamana, Younes El Karchi e Nini Abderraim. Proprio l’incontro in carcere tra quest’ultimo e Marongiu, che nel mentre era stato arrestato, aveva dato il via all’inchiesta. «Prego Dio di punire chi mi ha fatto del male». Questa frase pronunciata durante l’ora d’aria dal detenuto marocchino sconvolse Marongiu che decise di raccontare la verità. Per i tre marocchini e per i loro familiari gli avvocati Agostinangelo Marras e Mattia Doneddu hanno chiesto un risarcimento di 185 mila euro.

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