La Nuova Sardegna

Sassari

Emergenza idrica, lo scandalo finirà in Procura e davanti al Tar

di Gavino Masia

L’amministrazione comunale intende presentare un esposto sui disservizi della gestione Abbanoa Ieri è iniziata la distribuzione di acqua potabile in tutti i quartieri della città. I cittadini: «Troppi disagi»

09 novembre 2013
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PORTO TORRES. I disservizi di Abbanoa entreranno nel mirino della Procura della Repubblica attraverso un esposto che presenterà a breve l’amministrazione comunale. Nel frattempo il Comune sta studiando anche l’ipotesi di un ricorso al Tar per tutelare gli interessi dei cittadini in merito alla fatturazione delle bollette calcolate da Abbanoa sulla base di periodi eccessivamente lunghi, e senza la detrazione dei costi di depurazione che non sarebbero dovuti nei giorni di accertata non potabilità dell’acqua. Già in altre occasioni il sindaco aveva annunciato il ricorso alla magistratura ordinaria, in virtù della protesta collettiva contro l’ente gestore che rischiava di superare i livelli di guardia. Questo perché i disagi e gli inconvenienti più grandi, per una situazione al limite della sopportazione, li stanno subendo i cittadini, costretti a rifornirsi d’acqua potabile attraverso l’autobotte messa a disposizione dal Comune o a recarsi quotidianamente nei negozi per acquistare bottiglie d’acqua necessarie per vitto e igiene personale. «Stiamo pagando regolarmente tutti i servizi – ha ricordato un cittadino che si riforniva ieri pomeriggio in piazza Renaredda –, soprattutto la depurazione dell’acqua, e siamo costretti a rifornirci con dei bidoni dall’autobotte perché l’acqua di casa è maleodorante e condiziona negativamente tutte le nostre attività. Altro grosso problema – ha aggiunto –, in un momento economicamente difficile, è trovarci costretti a comprare bottiglie d’acqua supplementari perché le ordinanze sindacali si ripetono in maniera continua». C’è invece chi ha deciso di non pagare la bolletta che Abbanoa recapita nelle abitazioni: «Ne riempio una a parte, detraendo i costi di depurazione finchè dura l’ordinanza, e la compilo con le cifre esatte dell’effettivo consumo di acqua potabile». O chi conserva gli scontrini delle bottiglie d’acqua che acquista nei discount, per poi chiedere al Comune di farsi garante con Abbanoa per il risarcimento. Il ristorante Piazza Garibaldi, per assicurare l’attività ai clienti e garantire il lavoro ai dipendenti, è costretta a rifornirsi d’acqua dai pozzi privati: «Riempio numerosi bidoni d’acqua ogni giorno dal pozzo di proprietà in campagna – assicura Massimiliano Cilia –, per approvvigionare la cambusa nella preparazione dei cibi, e mi ritrovo a pagare una bolletta di Abbanoa di circa 19mila euro. Quando l’acqua era contabilizzata dal Comune – aggiunge –, pagavo la metà, col doppio del fatturato dal lavoro, e l’acqua era sempre potabile». Una vedova sola che vive in via Libio si è vista recapitare una bolletta di circa 3mila euro. «La beffa più grande – sottolinea –, oltre ai consumi che non sono veritieri, è che la cifra comprende 300 euro di fognatura e altrettanto per la depurazione». C’è anche chi si è rivolto all’Associazione difesa dei consumatori, contestando nel 2010 una bolletta di 502 euro, e dal 2011 non ha ricevuto alcuna risposta in merito ne altro documento da Abbanoa. «Le fatture sono state calcolate sulla base di tariffe maggiorate rispetto a quelle conosciute al momento dei consumi – lamenta Ausonio Denurra –, e c’è la sentenza del Consiglio di Stato che sancisce l’illegittimità dell’aumento retroattivo delle tariffe decise dall’Ato e applicate da Abbanoa». Per Beniamino Scarpa quanto sta accadendo nella rete idrica cittadina è gravissimo: «Vorrei fosse ben chiara che l’unica responsabile di questi fatti è la società Abbanoa, perché il Comune, sin da quando il precedente consiglio comunale ha formalizzato l’adesione all’ente gestore, non gestisce più la rete idrica. Noi abbiamo ereditato questa situazione – prosegue –, e stiamo usando tutti gli strumenti a nostra disposizione per tutelare i cittadini: ma è Abbanoa che non fa la sua parte imponendo alle famiglie un’altra “tassa”, di cui nessuno sente il bisogno: l’acquisto dell’acqua nei supermercati».

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