La Nuova Sardegna

Sassari

San Camillo in tilt per un black-out, pazienti esasperate

di Gabriella Grimaldi
San Camillo in tilt per un black-out, pazienti esasperate

Sassari, protesta delle donne seguite dal centro di prevenzione: difficile raggiungere la struttura e non c’è riscaldamento

11 febbraio 2014
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SASSARI. Giornata campale ieri nei locali del Servizio di Ginecologia, Ostetricia e Prevenzione oncologica. Cinque donne hanno fatto un viaggio a vuoto a San Camillo dove si sarebbero dovute sottoporre a visite di controllo di varia natura. Un black-out durato in pratica tutta la mattinata ha impedito l’utilizzo dei macchinari, dal colposcopio all’ecografo, necessari per effettuare i controlli. Disservizio aggravato dal fatto che andare e tornare dalla struttura Asl di San Camillo, l’ex ospedale sulla strada per Sorso, senza un’automobile è un’avventura. Infatti alcune delle donne che avevano preso per tempo l’appuntamento, hanno dovuto lasciare l’ambulatorio perché perdere la corsa dell’autobus avrebbe determinato disagi ancora più grandi.

La protesta delle pazienti è culminata con una chiamata al Nucleo Antisofisticazioni del Carabinieri e con una denuncia dalle colonne del giornale: «Si tratta di vera e propria discriminazione sessuale – dice una paziente oncologica che ieri avrebbe dovuto sottoporsi a una colposcopia –. Di fatto la Asl rende impossibile a noi donne una corretta prevenzione. Io sono partita da Sassari con i mezzi pubblici alle 7,30 perché alle 9 era fissato l’appuntamento. Dall’inizio si è visto che gli operatori, sempre solerti, erano in difficoltà. Ogni volta che ci chiamavano per tentare di fare l’esame mancava la luce. Intanto le donne e gli appuntamenti si accumulavano e alla fine ce ne siamo dovute andare». Prima di questo epilogo, si è arrivati alla conseguenza tragicomica di un controllo del collo dell’utero terminato utilizzando la luce del telefonino.

La Asl ha spiegato che l’interruzione nell’erogazione dell’energia elettrica di ieri è da attribuire a un guasto dell’Enel che si è risolto in tarda mattinata (telefoni però nel pomeriggio erano ancora isolati). La direzione aziendale ha anche specificato che al più presto gli ambulatori di Ginecologia e Oncologia saranno dotati di gruppi di continuità in modo da garantire il funzionamento dei computer e dei macchinari anche in caso di black-out.

Ma i problemi di San Camillo, dei suoi operatori e dei pazienti che lo frequentano, non finiscono qui. Le stesse donne ieri hanno raccontato che il trasferimento del servizio dai locali di via Tempio ha determinato una grave serie di disagi. Infatti gli ambulatori sono privi di riscaldamento e mentre medici e infermieri sono costretti a lavorare in cappotto, le donne si devono spogliare quasi del tutto. L’accensione di una stufetta per tentare di riscaldare gli ambienti fa saltare la luce, dappertutto c’è odore di muffa, qualche tempo fa i tubi di un termosifone sono esplosi causando l’allagamento delle stanze dove le donne vengono visitate. Insomma, una serie di problemi che rendono difficile il lavoro agli operatori e comunque inadeguato il livello del servizio offerto. Tra le sfortunate donne che ieri hanno dovuto lasciare San Camillo con un nulla di fatto anche una paziente disabile che, esasperata, ha chiamato i carabinieri: «Ci hanno risposto che non sarebbero intervenuti direttamente nella struttura ma che avrebbero fatto la segnalazione alla direzione sanitaria della Asl».

L’azienda, riguardo ai tanti problemi che affliggono questa grande struttura degli anni Sessanta, attraverso i suoi uffici tecnici afferma che si tratta di un edificio nel quale non è mai stata effettuata una ristrutturazione consistente. Attualmente mancano i fondi per adeguare tutti gli impianti quindi per il momento si sta procedendo con interventi tampone. Ecco perché risulta ancora più incomprensibile il trasferimento del servizio di Ginecologia e Prevenzione Oncologica degli ambulatori di via Tempio dove le donne arrivavano con facilità, anche a piedi da varie zone della città, a una struttura che non è in grado di ospitare gli operatori e tantomeno i pazienti. Segnali di disagio arrivano anche dai locali della Neuropsichiatria Infantile dove i bambini, anche molto piccoli, devono essere visitati al freddo.

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