La Nuova Sardegna

Sassari

globe dell’ispi

Vita da ambasciatore, la carriera diplomatica

Rossella Urru all’iniziativa che ieri ha esaminato luci e ombre di questa professione

22 febbraio 2014
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SASSARI. Che sia un’ambasciata italiana, la Banca centrale europea o un’organizzazione non governativa, per lavorare all’estero occorrono vocazione profonda e una solida preparazione di base. Ma al di là del fascino e dei luoghi comuni spesso legati a queste professioni, poco si sa su come arrivarci.

Come si diventa ambasciatore o cooperante internazionale? Qual è il curriculum di un funzionario dell’Unione europea? Temi delicati, al centro di una bella iniziativa denominata Globe, promossa ieri dall’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) al Quadrilatero di viale Mancini.

Di fronte a un folto pubblico, composto per la maggior parte da studenti di Scienze politiche e Giurisprudenza, una qualificata squadra di relatori fra cui Paolo Magri, direttore dell’Ispi e la cooperante internazionale Rossella Urru hanno raccontato la loro esperienza. Quello della carriera diplomatica è per tanti studenti un sogno difficile, ma non impossibile a patto che si percorrano, da subito, le strade giuste. A cominciare dalla scelta della facoltà universitaria che, di solito, è a indirizzo politico, economico o giuridico. Certo, a ragionare sui dati snocciolati in mattinata, si resta con l’amaro in bocca: al concorso indetto nel 2013 dalla Farnesina, si sono presentati 1300 candidati, di cui 233 hanno superato le prove attitudinali, 179 quelle scritte e solo 42 sono approdati agli orali. Trentacinque i vincitori di concorso con un’età media di ventotto anni e un curriculum di tutto rispetto che oltre alla laurea e al master richiede, l’ottima conoscenza di due o tre lingue straniere. Dopo un biennio al ministero degli Affari esteri e uno stipendio di 2.500 euro netti, si può aspirare a un incarico all’estero: «A quel punto - sostiene Paolo Magri - lo stipendio del diplomatico esplode fino a raggiungere i 15mila euro netti al mese». Se poi la destinazione è fuori dal continente europeo, l’ambasciatore italiano a Washington, per esempio, prende 35mila euro al mese, ma con spese a suo carico. E poi c’è da fare i conti con la famiglia. Un ambasciatore viene trasferito in media ogni tre anni, questo vuol dire, fra l’altro, che i figli dovranno frequentare scuole diverse, possibilmente internazionali, con tutti i disagi e i costi che questo comporta. Tutto ciò, dando per scontate le questioni di merito relative a una preparazione eccellente e all’indiscussa abilità nel trattare temi di politica, economia e cultura internazionali. «Importante è saper ascoltare - ha spiegato Rossella Urru - capire genti e punti di vista completamente diversi, riuscire a calarsi in contesti spesso complicati da crisi o conflitti e avere una grande capacità di adattamento alle situazioni più disparate, compresa la gestione dello stress». (a.meloni)

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