La Nuova Sardegna

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rischio idrogeologico

Il Tar: vietato edificare al confine con le “zone rosse”

SASSARI. Oltre alla “fascia di pericolosità idraulica” prevista dal Pai, piano regionale per l’assetto idrogeologico regionale, esiste una “fascia di tutela ulteriore” che si estende per cinquanta...

31 marzo 2014
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SASSARI. Oltre alla “fascia di pericolosità idraulica” prevista dal Pai, piano regionale per l’assetto idrogeologico regionale, esiste una “fascia di tutela ulteriore” che si estende per cinquanta metri dalle rive dei corsi d’acqua non adeguatamente arginati. A queste zone si applicano le misure di salvaguardia, prima tra tutte il divieto di costruire, previste dal Pai e dagli strumenti urbanistici comunali. Per ribadire questo semplice concetto, di cui dopo l’alluvione tutti i comuni sardi dovrebbero fare tesoro, nei giorni scorsi si è dovuto esprimere il Tribunale amministrativo regionale.

La seconda sezione del Tar (presidente Francesco Scano, consigliere Tito Aru, consigliere estensore Antonio Plaisant) ha infatti respinto, con condanna al pagamento delle spese di giudizio, il ricorso di una sassarese che non voleva accettare il divieto del Comune di Sassari di ampliare uno stabile nei pressi del rio Buddi Buddi.

«Quella zona rientra il quelle ad alto rischio idrogeologico» era stata, nel giugno dello scorso anno, la risposta del servizio di Edilizia privata alla donna che voleva aumentare di 30 per cento la volumetria della sua abitazione in località Funtana Niedda, confinante con il rio Buddi Buddi. Nel suo ricorso al Tar, dove è stata assistita dagli avvocati Gian Comita Ragnedda e Gavino Maiore, la cittadina sassarese ha obiettato che il corso d’acqua è di modeste dimensioni, ma, soprattutto, che il suo terreno si trova al di fuori della “fascia di pericolosità idraulica”. Si sono costituiti in giudizio sia il Comune (assistito dagli avvocati Maria Ida Rinaldi e Simonetta Pagliazzo), sia la regione (rappresentata dagli avvocati Floriana Isola e Mattia Pani).

Ptrima di respingere il ricorso, perché infondato, i giudicihanno ricordato il principio della “fascia di tutela ulteriore” di protezione che estende i vincoli anche alle zone immediatamente confinanti a quelle ad alto rischio.

Il Tar spiega poi che le scelte espresse nel Pai e nei Puc, frutto della discrezionalità tecnica particolarmente elevata degli addetti ai lavori, non possono essere contestate da un profano «cercando – chiosano i giudici amministrativi – di sostituire la propria valutazione a quella dell’amministrazione». La classificazione per zone di salvaguardia «appare – conclude il Tar – uno strumento irrinunciabile per prevenire un rischio così grave e difficilmente scongiurabile ragionando “caso per caso”».

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