La Nuova Sardegna

Sassari

Buddusò, si sondano i rapporti tra famiglie

di Luigi Soriga
Buddusò, si sondano i rapporti tra famiglie

Processo sul duplice omicidio: la sorella del presunto killer descrive le frequentazioni del fratello

08 aprile 2014
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SASSARI. L’ambiente degli allevatori, aveva detto Saverio Bacciu al giudice, è molto duro. Chi chiacchiera troppo non vive molto. Così non c’è grande voglia a Buddusò di parlare del duplice omicidio del 29 aprile 2011, l’agguato nelle campagne di Biderosu dove furono uccisi Antonio Bacciu (32 anni) e suo zio Giovanni Battista Bacciu (di 69). E nemmeno dei rapporti tra le famiglie degli allevatori, sui dissidi tra confinanti, sugli odi che si trascinano nel tempo, e sull’escalation di dispetti e torti che potrebbero aver innescato una scia di sangue. Nelle ultime udienze del processo il pm Carlo Scalas, gli avvocati della difesa Antonio Secci, Claudio Mastandrea, Speranza Benenati e Sara Luiu che assistono i presunti killer Gianni Manca, Gianni Canu e Salvatore Brundu, e i legali di parte civile Lorenzo Soro e Pasquale Ramazzotti, stanno cercando proprio di sondare le relazioni tra le varie famiglie. Ieri mattina è stata chiamata a testimoniare Maria Antonietta Brundu, sorella di Salvatore, che ha descritto in maniera minuziosa le abitudini e gli spostamenti quotidiani del fratello. La sveglia all’alle 5, poi in auto con il padre fino al podere di Ludurru, e poi il rientro puntuale a casa alle 8, seguito da una pennichella rigenerante. «Mio fratello era un orologio, la sua routine difficilmente cambiava di una virgola». Della serie: non posso affermare con certezza che quella mattina dell’omicidio Salvatore Brundu fosse al suo podere, non posso confezionargli un’alibi: ma è molto probabile che quel 29 aprile fosse uguale e identico a tanti altre giornate lavorative. E un altro vicino di terreno, sentito anche lui ieri in corte d’Assise, ha confermato questa pignola routine: «Quando andavo in campagna per lavorare – dice – non c’è giorno che non vedessi i Brundu. quasi sempre padre e figlio, insieme, la mattina molto presto».

Salvatore Brundu non era un allevatore, lui viveva di più dal legname, dalla campagna, dal sughero. Un aspetto questo che fa gioco alla difesa, che intende dimostrare che l’uomo è estraneo dalle gelosie e dai rancori dell’ambiente degli allevatori. E non avrebbe quindi un movente così forte di odio che lo porterebbe a imbracciare un fucile e sparare contro gli allevatori rivali. Nella prossima udienza, che si terrà giovedì, parleranno i parenti di Canu. Si cercherà di fare luce sugli altri rapporti familiari che ruotano intorno a questa vicenda.

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