La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, due donne contro l’ex: «Ci maltrattava»

di Luigi Soriga
Sassari, due donne contro l’ex: «Ci maltrattava»

Si ritrovano in tribunale a raccontare il loro incubo: «Mi ha fatto sporgere su un cavalcavia: quest’altezza ti basta?»

18 luglio 2014
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SASSARI. «A Sassari si diceva che lui picchiasse le donne. Io non ci ho mai creduto signor giudice, perché sembrava una brava persona». Invece adesso è seduta in un’aula del tribunale a raccontare come non si smette mai di conoscere chi ti sta a fianco.

Con Q.M., una sessantina d’anni, si erano conosciuti nel giugno del 2009. Lei era qualche anno più giovane, avevano in comune la passione per il ballo. «Sin dall’inizio della relazione mi sono accorta che qualcosa non andava. E’ uno che cambia umore improvvisamente, dà calci al muro». Lei conosce bene il fratello del compagno, ha la confidenza per chiedere un consiglio: «Ma davvero è così come dicono?». Risposta: «Sì, lui è uno che tratta male le donne». E la conferma purtroppo arriva presto. «Un giorno a cena con noi c’erano due amici. Possono testimoniare ogni cosa. Stavamo mangiando, erano le 21. Parlavamo di sciocchezze, di quante lumachine cucinare. Per l’ennesima volta mi ha umiliata. Mi ha detto: sei una cretina. Io sono sobbalzata dalla sedia, e gli ho urlato che deve portarmi rispetto». Gli amici e vicini di pianerottolo, visto il clima teso, se ne vanno: «Forse è meglio che vi chiariate da soli». La donna decide di andar via, prende le chiavi della stanza da letto per recuperare la sua borsetta: «Il padrone di casa sono io, le chiavi le tengo io». Afferra la borsa e le altre cose e le deposita fuori dalla porta dell’alloggio. «Era già fuori di sè – racconta al giudice – Si trasforma, occhi fissi come il fuoco, in quei momenti non è un uomo, è come un animale». Lei ha paura, bussa dal vicino. Ma quando quest’ultimo chiede cosa stia succedendo, Q.M lo tranquillizza e lo accompagna fuori. «Dopodiché chiude la porta a chiave, con me dentro. Mi si è avventato contro, mi ha sbattuto la testa contro la scala e premeva sempre di più. Poi ha mollato».

Ma non è finita. «Mi porta in cucina, estrae un coltello e inizia a sfregare la lama nell'affila coltelli. Mi afferra un braccio e mi passa il coltello sotto il collo. Se urli ti ammazzo. Io non avevo la forza di reagire. Quando mi ha lasciata, sono scappata nella zona notte e mi sono rinchiusa nel bagno. A mezzanotte si è calmato. Mi ha restituito la borsa e io sono andata via con l'auto».

Lei è stravolta. «Ho chiamato il fratello. L'indomani sono andata in ospedale, avevo dolore al collo». Quindi presenta denuncia in questura e dopo soli 3 giorni azzera tutto con una remissione di querela. «Perché?», le chiede il pm Gianni Caria. «Ho ricevuto la telefonata di lui che piangeva come un bambino. Poi è venuto sotto casa. E continuava a piangere. Gli ho aperto il portone. Mi supplicava, io ho provato rimorso e ho tolto la querela». I due si rimettono insieme per un altro mese. «Poi ho troncato definitivamente ma lui mi ossessionava con telefonate e appostamenti». Un anno più tardi lei riceve una chiamata strana. «Lui stava insieme a un’altra donna. Quel numero di telefono sconosciuto era il suo. Mi chiedeva se lui fosse davvero così. Perché quella donna era precipitata nel mio stesso incubo».

Ha 53 anni, è bionda, la voce un po’ tremolante. Evita di incrociare lo sguardo di lui, che è seduto a fianco del suo avvocato Chiara Loriga. Con Q.M. ha iniziato a frequentarsi nell’aprile del 2012. A marzo del 2013 si presenta in questura e lo denuncia. «Cosa è accaduto?», chiede il pm. «Un giorno eravamo in discoteca. Avevamo litigato. Io chiedo di essere accompagnata a casa. In auto non ci rivolgiamo la parola. A un certo punto lui si ferma e parcheggia su un cavalcavia. Mi fa scendere e mi fa avvicinare alla ringhiera, mi fa sporgere nel vuoto: ti basta questa altezza? Poi abbiamo fatto pace e ci siamo baciati». Gli scontri erano frequenti, così come le tregue sancite dai baci. «Un’altra volta voleva far pace. Mi diceva: dammi un bacio. Ma io ho fatto finta di niente. Allora lui ha preso in mano le forbici: se non ci senti tanto vale che ti tagli l’orecchio». L’uomo ha ascoltato le deposizioni impassibile. Ogni tanto scuoteva la testa. La prossima udienza toccherà a lui raccontare la propria verità e convincere i giudici che i maltrattamenti e le minacce, sono pura fantasia.

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