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Candelieri, nel 1848 i mercanti fecero il gran rifiuto

di Paolo Cau*
Candelieri, nel 1848 i mercanti fecero il gran rifiuto

Non andarono più alla Discesa: come si legge in un documento conservato all’Archivio storico

18 agosto 2015
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Nell'ambito delle attività di ricerca condotte dall'Archivio Storico del Comune in materia di fonti storiche sui Candelieri è riemersa una importante testimonianza relativa alla adesione alla festa da parte di uno dei gremi che da più tempo erano tra i principali attori della faradda: la lettera con quale nel 1848 la comunità dei mercanti comunicava agli amministratori civici l'intendimento di non voler più partecipare alla "discesa" del 14 agosto.

Da sempre - o quantomeno dal 1531 - data del primo documento ufficiale che testimonia l'ordine di ingresso dei candelieri nella chiesa di Santa Maria di Betlem - i mercanti erano parte integrante della faradda, assieme a massai, sarti, calzolai, falegnami, pastori, ortolani e "carratori" che erano gli addetti al trasporto delle merci.

Ma uno dei fenomeni che contraddistinguerà nel tempo la storia della festa dei Candelieri sarà il progressivo astensionismo di alcune delle corporazioni tradizionalmente protagoniste della faradda, non più confacente al ruolo che quei mestieri avevano assunto col mutare dei tempi: così, non è un caso se proprio i mercanti (che vivevano la festa dall’alto della loro condizione economica privilegiata) e i pastori (che la subivano dal basso, a costo di gravi sacrifici) riuscirono a liberarsi dal vincolo della “discesa”, a costo di duri scontri con l’Amministrazione Municipale che imponeva loro l’obbligo della partecipazione attiva alla festa attraverso lo strumento del bando pubblico.

Ancora nel 1818, i consiglieri civici osservavano che era inconfutabile «il diritto che da secoli gli compete sui quattro candelieri dei pastori, carratori, mercanti, agricoltori che furono sempre considerati sotto l’immediata autorità e ispezione del Municipio»; mentre nel 1853 ricordavano con disappunto che «prima del 1848 l’intervento dei gremi era obbligatorio e l’autorità giudiziaria aveva diritti sufficienti per usare contro i renitenti i necessari mezzi di coazione». Ciò che in quello scorcio di secolo aveva subito un irreversibile mutamento era la funzione dei gremi all’interno del tessuto economico – sociale cittadino: il progressivo svuotamento degli antichi ordinamenti municipali e la conseguente omologazione del Comune di Sassari al modello comunale piemontese prima e italiano poi avevano già segnato la strada alla progressiva emarginazione delle antiche corporazioni di mestiere cittadine.

La legge del 1848 le aveva esautorate delle loro competenze in materia di organizzazione del lavoro; a questa seguirà la legge del 1864 che ne sancirà la soppressione; ma sarà solo l’atto formale della totale decadenza, segnata dall’incapacità di affrontare i tempi nuovi imposti dalla produzione industriale e dal concetto di libertà del lavoro.

Dopo il 1848, con la «perfetta fusione» dell'isola agli Stati di Terraferma, il ceto mercantile era il maggiore interprete di questa nuova visione che spazzava anche i vecchi modelli della rappresentazione sociale di cui la "discesa" dei Candelieri costituiva in qualche misura, a livello locale, la massima espressione. Quel periodo rappresentò per la plurisecolare storia dei Candelieri uno dei momenti di maggiore debolezza. La festa rimase pur sempre «civica», ma la componente religioso – devozionale finì per essere la sola alimentata in virtù dei tentativi di sminuirne la natura popolaresca e di omologarla al modello della processione religiosa.

In quest’ottica vanno intesi gli interventi volti ad espungere dalla festa gli elementi più marcatamente profani, ad esempio, attraverso la reintroduzione saltuaria di semplici candeli di cera in luogo delle colonne cilindriche di legno; così come non fu mai ben visto il balletto che i portatori dei candelieri improvvisavano tra la folla. Come è noto, spetterà al colera del 1855 “riportare le cose a posto” con un rilancio della festa dei Candelieri sul solco della tradizione ma con una rappresentanza gremiale destinata a mutare profondamente.

Sul finire del secolo Enrico Costa ricordava che da quel 1848 «gli esercenti della piazza non andarono più in processione. Anche oggidì il loro Candeliere, molto rovinato, segue la processione, portato semplicemente dai facchini, senza alcun seguito e così da oltre mezzo secolo».

*Responsabile dell’Archivio Storico del Comune di Sassari

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